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 2017  luglio 24 Lunedì calendario

«Sfruttiamo al limite gli invasi e l’acqua non sarà razionata». Il piano per salvare Roma

ROMA Dopo la minaccia e lo spauracchio di un razionamento per un milione e mezzo di romani, è l’ora delle trattative. I pontieri di questa battaglia dell’acqua su Roma si sono già messi al lavoro. Da un lato i tecnici della Regione, dall’altra Acea, la multiutility della quale il Comune di Roma è socio al 51 per cento.
Lo stop al prelievo dal lago di Bracciano – il cui livello è pericolosamente sceso minacciando di mandare a monte la stagione turistica e compromettere l’intero ecosistema – impone di trovare una alternativa. Il blocco deciso dalla Regione dopo le diffide dei comuni del comprensorio del lago ha provocato l’immediata risposta di Acea: rubinetti a secco per otto ore. Ma la Regione lavora già a un piano B. Sul piatto, l’ipotesi di innalzare i prelievi dalle altre quattro fonti che servono la Capitale. Per arrivare ai primi di agosto, quando – notano in Regione – il fabbisogno cala e, si spera, le precipitazioni riporteranno le riserve in sicurezza.
Tocca ad Acea ora dire sì. Dalla sua, Zingaretti – ha sottolineato ai suoi – ha da promettere procedure snelle in nome del decreto sull’emergenza siccità. Tecnicamente si tratta solo di ovviare a quell’8 per cento di risorse che arrivano dal lago.
Ma sullo sfondo della partita dell’acqua le implicazioni politiche rischiano di innalzare la posta in gioco. La crisi di Bracciano, cresciuta nelle proteste di cittadini e amministratori, ha trovato orecchie sensibili in Regione. Le diffide e il concreto pericolo di un’ondata di denunce per disastro ambientale hanno fatto il resto. Con le elezioni praticamente alle porte, per Zingaretti era una grana da risolvere in fretta. Non restava che il blocco. Dietro la dura risposta di Acea la quota di difficoltà è cresciuta. Ora un milione e mezzo di romani avevano di che lamentarsi. La sindaca Virginia Raggi che di Acea è il principale azionista, si è limitata a qualche laconica raccomandazione ai due contendenti senza pretendere soluzioni da Acea. E anche questo ha contribuito all’irritazione del governatore.
A Zingaretti, del resto, non è sfuggita l’enorme sproporzione tra il mancato apporto di Bracciano, l’8 per cento appunto, e il razionamento per metà degli utenti della città e non ha mancato di sottolinearlo. Poi ha messo al lavoro gli specialisti. Si tratta di capire se i tecnici regionali avranno la meglio sulla pretesa di Acea di continuare a utilizzare il lago.
Tanto più che a dare il la a questa emergenza nata tra le carte bollate prima ancora che di fronte a una rete che disperde il 44 per cento dell’acqua è stato proprio il consorzio dei comuni del lago di Bracciano di cui la sindaca Raggi fa parte, da guida della città metropolitana. Dunque: a paradosso si è aggiunto paradosso. La Regione si trova con le spalle al muro per un aut aut dei comuni, blocca Bracciano ma la sua azione si riflette sulla città di Roma. Né d’altra parte, per salvare Roma dal razionamento, Raggi che non era intervenuta per tempo, avrebbe potuto dissociarsi dalle proteste del Lago. Ha così finito per stoppare se stessa come sindaca e partner di Acea.
Non resta che rimediare al pasticcio prima del via al razionamento fissato per venerdì.
La querelle ha comunque già riaperto il capitolo dei costi e dei conti.
Il Comune di Roma ha intascato un cospicuo dividendo da Acea, 70 milioni, destinati a rimpinguare le casse esangui del Campidoglio. Ovviamente anche Acea ha tratto vantaggio ma ha reinvestito poco sulla rete. Pur pagando anche il prezzo degli sprechi, tuttavia i cittadini romani hanno goduto finora – e non si sa ancora per quanto – di tariffe al di sotto della media: in media 300 euro l’anno, 34 dei quali per la rete. Ma c’è chi giura che se l’andazzo dovesse proseguire, alla fine non resterà che inasprire la bolletta, riversando sugli utenti le spese per sistemare i 5.400 chilometri di condutture. Le previsioni? Più che un raddoppio: fino a 80 euro per abitante.