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 2017  luglio 24 Lunedì calendario

«Avvocato, riportaci a casa». La nuova missione di Ghedini regista dalla stanzetta di Arcore

ROMA Ore 6.00, a villa San Martino dormono tutti. Come un monaco e senza far rumore, Niccolò Ghedini gira la chiave del nuovo studio, un cella spartana ricavata nella Disneyland berlusconiana di Arcore. E si attacca al telefono. «Mi chiamano tutti – confida in queste ore agli amici – Vogliono rientrare». Vogliono, soprattutto, «garantirsi la rielezione».
Ecco il nuovo coordinatore di fatto di Forza Italia. «Niccolò, ci pensi tu?», gli ha chiesto Berlusconi. «Faccio tutto, Presidente, ma senza galloni, non voglio rovinarmi la vita». Assieme all’ex ministro Enrico Costa, l’avvocato si è inventato la gamba centrista degli azzurri. Per un principio newtoniano, gli onorevoli senza futuro cadono dall’albero. E lui è lì, pronto a raccogliere: «Non sottovalutate il principio di autoconservazione dei parlamentari...». Con Gianni Letta governa tutto: partito e aziende, relazioni e candidature del domani. Il Cavaliere non è un cliente, ormai è un amico, anche se per scherzo preferisce chiamare il penalista “il mio confessore”. E il “suo confessore” adesso si è dato la missione di conquistare centristi, soprattutto quelli che avevano “tradito” per Angelino Alfano. «Avvocato – è il coro di queste ore – riportaci a casa». Lui ascolta e non promette nulla di troppo concreto. «Mica faccio scouting – ripete in privato – mica sono Verdini».
Del ras toscano non ha la chioma, la stazza, il talento per la lusinga. Non è neanche simpaticissimo a pelle. Di lui però si fidano, perché promette poco e dispensa parecchi “no”, anche a costo di allontanare i transfughi. Al massimo mostra un puntino all’orizzonte, a buon intenditor poche parole: «Noi aiutiamo questo soggetto centrista a nascere, ma è chiaro che deve vivere di vita propria. Se poi Berlusconi decide di rifare un nuovo Pdl...». È un attimo, basta poco di questi tempi, e la fila s’ingrossa.
In queste settimane si divide tra villa San Martino e Roma. Nella Capitale scende ogni tre giorni per smistare il controesodo verso Arcore. Si appoggia ai capigruppo e ai quarantenni che hanno rimpiazzato Rossi& Pascale, gente come Gregorio Fontana e Sestino Giacomoni. L’agenda è fitta. Oggi, per dire, vedrà Gianfranco Micciché, nei giorni scorsi ha fatto indigestione di centristi, vecchie volpi berlusconiane come Guido Viceconte o antichi sodali come Paolo Bonaiuti. Ad altri pretendenti, quelli meno conosciuti, chiede pure un report: «Avete volti nuovi, chi riuscite ad aggregare?».
L’obiettivo primario è svuotare i gruppi di Angelino Alfano. Si può ricordare lo strappo brutale del 2013, scomodare l’escalation dei rancori, ma la verità è che lo considera più banalmente irrecuperabile alla causa: «Il centro equidistante non esiste, in un sistema tripolare lui arriva al massimo all’1%». Con Denis Verdini il sodalizio si è frantumato nei mesi tormentati del patto del Nazareno. «Presidente, Renzi non ti darà nulla – si sgolava Ghedini, unico falco tra colombe – né il Quirinale, né nient’altro». Finì così, vittoria per ko tecnico e copia delle chiavi del cuore del capo.
L’avvocato più ricco del Parlamento lavora ad Arcore, vive ad Arcore, quando capita dorme nella foresteria di Arcore. L’unico cruccio è sottrarre tempo alla famiglia, che vive a Padova, e lucidare poco le automobili d’epoca, la sua vera passione. In villa, però, monta a bordo di quella che regalò a Berlusconi, immatricolata nel 1936 come l’anno di nascita del cliente. La sua gestione si allarga alle strategie aziendali, oltreché alla gestione mediatica del Presidente: «È un uomo straordinario. Certo – ripete agli interlocutori centristi – il sistema è frammentato e le nostre percentuali diverse da quelle di un tempo, ma basta qualche apparizione tv delle sue per riportarci in alto».
Lui il piccolo schermo ormai lo trascura, dopo aver giocato per un’intera stagione al mastino berlusconiano negli studi di Michele Santoro. «Che sofferenza – confidava ai tempi – Non è che sono timido, è che proprio non mi piace».
Per uno timido la scalata è stata brutale. Arrivato alla corte berlusconiana nel 1998, via Gaetano Pecorella, si trasforma nell’avvocato unico del leader. Dopo una stagione da scudiero tv, “il demonio” – disse lui – per l’Italia antiberlusconiana, si spende da regista delle leggi ad personam. Si garantisce anche la guida di FI nel Veneto, ostile allo strapotere della Lega. Adesso guida direttamente il partito, conquista centristi a un ritmo indiavolato e nelle pause pranzo di Arcore può accarezzare la Lancia nera del ’36 donata al Cavaliere.