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 2017  luglio 17 Lunedì calendario

L’ufficio su due ruote di corrieri, vigili e guide turistiche

C’è stato un tempo in cui la bicicletta era un vero e proprio ufficio portatile. Per medici, maestri, fotografi, perfino pompieri. «Abbiamo in esposizione un modello del 1905, era il mezzo di primo intervento in caso di incendio nelle grandi fabbriche» spiega Renzo Bernardoni, che insieme ad altri volontari gestisce il Museo dei mestieri in bicicletta di Fabriano. Un museo la cui collezione comprende 84 esemplari, costruiti principalmente fra gli Anni 20 e 60, completi di attrezzatura: e quindi casse sul portapacchi per il pollivendolo e calamaio per lo scrivano a domicilio. «Ognuno adattava la bici secondo le proprie esigenze – aggiunge -: l’arrotino, ad esempio, si spostava con un biciclo-carretto dotato di una grossa ruota di legno rivestita da un cerchione di ferro, e, giunto a destinazione, lo ribaltava per trasformarlo nello strumento di lavoro. Un mondo che non esiste più». O meglio, che ha mandato in soffitta alcuni mestieri ma ne ha riscoperti o inventati altri, sempre su due ruote.
Corrieri 2.0
È un mondo complesso, che procede a zig zag fra attenzione a ecologia e risparmio, burocrazia e accuse di sfruttamento. Oggi si pedala in città per portare in giro i turisti, per pattugliare le strade, per consegnare pacchi o cibo a domicilio. Si vedono ancora, nelle località di mare e in alcuni centri storici, i carretti del gelato. Compaiono agenti di polizia su due ruote, con tanto di lampeggianti e corsi di «addestramento». E si diffondono le app che consentono di ordinare al ristorante e mangiare a casa propria.
Multinazionali che impiegano centinaia di giovani che vengono pagati a ora o a cottimo. Di qui le proteste che nell’ultimo anno hanno attraversato l’Italia, dallo sciopero dei fattorini di Foodora a Torino ad ottobre a quello di sabato a Milano lanciato dalla comunità Deliverance Project, che sui social raccoglie i corrieri 2.0 di Deliveroo &co, che chiedono più diritti. «La protesta di Torino – spiega un fattorino – ha portato ad alzare di un euro, da 3 a 4 (4,5 dopo la duecentesima corsa), la remunerazione a consegna e ad avere sconti sulla manutenzione della bici, che è nostra». Per alcuni è un secondo lavoro, per altri il primo e unico, quello con cui mantenersi: «La situazione è migliorata – continua – ma ci sono altri passi da fare considerato che non abbiamo ferie, malattia, tredicesima», diritto di sciopero. È un mondo in evoluzione ed espansione, che chiede garanzie. Completamente diverso è il caso di chi per recapitare lettere e pacchi è assunto, ma in questo caso – le Poste – la bicicletta viene usata sempre meno e si vira verso mezzi elettrici.
Su due ruote si muove anche il turismo, nonostante – denuncia chi lavora nel settore – manchino regole chiare e riconoscimenti delle professionalità. «Per noi lavorano 100-150 ragazzi, soprattutto studenti» spiega Gianluigi Barone, fondatore di Ri-show, azienda che mette in strada, a Milano, venti risciò da due posti per i turisti. «È un sistema diffuso in 120 metropoli del mondo, ma qui da noi la burocrazia rende tutto difficile. Non possiamo fare servizio taxi e attendiamo da anni una delibera del Comune che ci permetta di inquadrare i pedalatori per consentire loro, come avviene all’estero, di affittare da me il mezzo e tenersi l’incasso della giornata, mentre ora sono pagati 10 euro all’ora con voucher o simili». Da Milano a Roma, i risciò portano i turisti a vedere monumenti e negozi. «A usarlo sono soprattutto gli stranieri. Ad esempio agli arabi interessa molto il giro nel quadrilatero della moda» continua Barone, che sottolinea la necessità di una regolamentazione anche per evitare l’abusivismo.
E una regolamentazione la attendono le associazioni sportive che formano ciclo guide, ossia chi accompagna i turisti in percorsi escursionistici. «I nostri corsi non preparano a un mestiere – premette Roberto Babini, responsabile comunicazione per la Uisp ciclismo – ma servono a portare in giro altri soci o a cooperare con agenzie e alberghi. In Italia, nonostante se ne parli con il ministero dagli Anni 90, l’accompagnatore in bici non è una figura professionale riconosciuta, anche se in alcune regioni, come Sicilia o Liguria, qualcosa si è mosso».
Un’occasione sprecata, sottolinea la Uisp, soprattutto in un Paese che ha nel turismo il suo petrolio: «Secondo un rapporto di Legambiente, il cicloturismo in Italia vale poco più di 2 miliardi di euro, una cifra modesta se confrontata alla Germania (11,4) o alla Francia (7,5). I motivi? Mancano regolamentazione, infrastrutture e servizi». Forma invece guide professionali (anche se la specificità del ciclismo non è, appunto, riconosciuta) l’Accademia nazionale di mountain bike, che è un tour operator: «Quello del cicicloturismo – osserva il responsabile della comunicazione, Otello Gazzola – è un mondo bellissimo e dalle enormi potenzialità. Un mondo in cui, purtroppo, l’Italia non è protagonista perché clienti e leader di mercato sono solo stranieri».