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 1956  maggio 12 Sabato calendario

I colloqui di Londra con i sovietici

Le visite dei sovietici a Londra hanno presentato due aspetti: da un lato  incontri pubblici con sapore propagandistico; dall’altro un serio scambio d’idee fra i due Governi. Molto si è scritto intorno agli incontri col pubblico, al silenzio  delle folle britanniche e alla disputa sorta al pranzo dei laboristi. È facile esagerare il significato di questo  aspetto delle visite. In Francia o in Italia, dove esistono  grossi partiti comunisti, un’acccglienza fredda e piuttosto ostile sarebbe stata un fatto saliente; ma in Inghilterra i comunisti, come  partito, sono una quantità  trascurabile. Qui non esistono gli elementi di un fronte  popolare conforme alle  speranze di Mosca.
Tutti sono d’accordo, a Londra, nello stimare che discorrere con Malenkov, Bulganin e Kruscev è  tutt’altra cosa da quelle che furono, a suo tempo, le conversazioni con Molotov. Il dialogo sembra sia andato bene, nel senso che fu un dialogo spassionato e  oggettivo. Il linguaggio usato fu quello di una politica positiva, un linguaggio semplice e nudo: si parlò di alleanze, di basi, di petrolio, di bombardieri, di missili, di acciaio e di navi. In simili  termini si discussero  liberamente le condizioni, non  diremo di un’amicizia, ma di una coesistenza.
Se non vi fu un vero  accordo, tuttavia qualche  progresso sembra sia stato  realizzato verso un’intesa circa il Medio Oriente. Vi è  motivo di ritenere che tale  risultato venne preparato  durante la visita di  esplorazione fatta da Malenkov. Gli fu detto nel modo più  chiaro, in ispecie dai capi  laboristi, che l’esistenza dello Stato d’Israele e il  mantenimento dei rifornimenti di petrolio dal Medio Oriente all’Europa occidentale  erano due capitoli su cui non si poteva transigere. Lo stesso Malenkov, almeno, avrebbe riconosciuto esplicitamente la validità di quei due  interessi britannici. Pochi giorni dopo il suo rimpatrio, il  Governo sovietico pubblicava la sua decisione con cui  appoggiava la mediazione  delle Nazioni Unite.
I colloqui con Bulganin e Kruscev confermarono la svolta della politica  sovietica nel Medio Oriente: l’Unione Sovietica non ha  bisogno del petrolio del Medio Oriente e non lo rivendica. Non ci troviamo, quindi, di fronte a un coflitto  d’interessi vitali tra l’Unione  Sovietica e l’Europa occidentale, imperniato su  quell’oggetto.
I visitatori russi —  stando a quanto mi è stato  riferito – dissero  francamente che avrebbero suscitato agitazioni nelle zone  petrolifere per demolire il patto di Bagdad, che secondo  loro è un accordo militare inteso a stabilire l’aviazione strategica americana con le sue basi nell’Irak e nell’Iran. Fu loro assicurato che si tratta di un patto  puramente difensivo; ma non è probabile che i sovietici  abbiano prestato fede a tali assicurazioni. C’è ancora  posto per il lavoro della  diplomazia. Possiamo avere una certa fiducia che, almeno nel prossimo avvenire, il  pericolo di guerra nel Medio Oriente sia stato ridotto. Il pericolo sta  nell’incoraggiamento, che rasenta  l’incitamento, dato dall’Unione  Sovietica a Nasser nel senso di aprirsi la via nel Medio Oriente. A sventarlo hanno contribuito due cose: in  primo luogo l’Inghilterra ha dichiarato al Cremlino che un’avventura militare  dell’Egitto causerebbe  certamente l’intervento  britannico e molto probabilmente anche quello dell’America; in secondo luogo c’è stata l’azione, iniziata da  Washington, per investire  della questione di Palestina le Nazioni Unite. Ciò ha  «introdotto» i russi nel Medio Oriente in modo pacifico e legittimo. Tanto meglio così.