La Stampa, 26 maggio 2017
«La mia nuova vita lavorando da casa. Produco di più e ho tempo per i figli»
«Perché ho detto sì allo smart working? Perché sono mamma di tre bambini e abito a 40 chilometri di distanza dall’ufficio».
Simona Giudici, clinical project leader nell’ambito dell’Unità di ricerca Clinica Sanofi, riassume così una scelta di vita fatta quattro anni fa quando per la prima volta l’azienda ha proposto ai suoi dipendenti di lavorare un giorno a settimana da casa. «I benefici sono tanti. Ho più tempo per stare con i miei figli e gestire pratiche quotidiane come andare in banca o far leggere il contatore del gas al tecnico. Sembrano piccole cose ma in realtà 24 ore non bastano per fare tutto», racconta Simona. La sua giornata tipo è organizzata con attenzione: alle 8.30 accompagna i figli a scuola, alle 9.30 arriva in ufficio e alle 20 ritorna a casa. Tempo per parlare con i propri figli poco, per se stessa ancora meno. Ecco perché, quando le è stata data l’opportunità, l’ha subito colta al volo.
Il «lavoro agile», o «smart working», così come gli spazi di lavoro condivisi, i «co-working», a Milano stanno diventando realtà diffuse e forse rappresentano il futuro anche sociale nell’ottica di quella nuova rivoluzione industriale già etichettata come 4.0. Tanto che lo stesso Comune, con un protocollo cui hanno aderito aziende, sindacati e associazioni industriali, ha deciso di promuoverle istituendo a 4 anni dalla sua nascita, non più una sola giornata ma un’intera settimana che terminerà proprio oggi e che ha avuto risultati lusinghieri con un sostanziale raddoppio di adesioni rispetto l’anno scorso. I dati del Comune su un’indagine condotta nel 2016 mostrano come ci siano sempre più persone interessate a questa forma di lavoro agile: 2299 dipendenti hanno aderito all’iniziativa di cui 1073 uomini e 1226 donne. La fascia d’età più coinvolta è quella tra i 39 e i 55 anni che tocca quota 60% dei partecipanti. Per l’87% di chi ha scelto il lavoro agile il luogo di lavoro preferito rimane casa propria mentre solo l’1%, soprattutto dirigenti, ha preferito uno spazio di co-working, forse perché quello che si ricerca è proprio la concentrazione e il tempo da dedicare alle faccende domestiche e familiari.
Simona non ha dubbi, i vantaggi sono concreti: «Quando lavoro da casa inizio un’ora prima perché non ho il tragitto da fare fino all’ufficio. Mangio a pranzo con la mia figlia più grande e se devo portare lei o un altro dei miei bambini dal dentista ho il tempo di farlo. E poi sono molto più concentrata nel silenzio di casa mia rispetto all’open space dell’ufficio».
Per Simona lo smart working è stata quasi una scelta naturale per la mansione stessa che svolge in azienda: coordinamento di alcuni centri di sperimentazione coinvolti in studi clinici sui farmaci che non sono stati ancora messi in commercio. Una gestione che può essere tranquillamente svolta anche da casa o in uno spazio fuori dall’ufficio. «Lavoro per lo più in coordinamento con studi internazionali e con la nostra sede principale all’estero quindi sono abituata a fare chiamate tutto il giorno». Con l’avanzare della tecnologia Simona potrebbe lavorare sempre da casa. «Skype business è uno strumento molto valido per le call internazionali e gli archivi, motivo per cui spesso bisogna ancora andare in ufficio, nel prossimo futuro saranno tutti digitalizzati», commenta la clinical project leader. «Certo, quello che potrebbe mancare è il contatto umano ma nessun lavoro agile escluderebbe mai il confronto faccia a faccia».
Sanofi, che nelle sue sedi di Milano, Modena e Roma ha più del 60% dei collaboratori che hanno scelto lo smart working, è una delle 148 aziende private e pubbliche che hanno deciso di aderire alla Settimana del Lavoro Agile promossa dal Comune di Milano mettendo a disposizione due giorni sui cinque previsti per i propri dipendenti. Il dato complessivo più interessante è la quantità di minuti guadagnati dal non recarsi in ufficio: 234.937 pari a 163 giorni e 4 ore. Che lo smart working sia un valore quindi è più che evidente e a confermalo c’è pure l’ambiente: nella sola giornata del 2016 si è evitato di immettere nell’atmosfera 1,93 kg di Pm10 e 11,7 tonnellate di anidride carbonica che, per una città inquinata come Milano, è una notizia molto positiva.