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 2017  maggio 26 Venerdì calendario

Intervista ad Antonio Conte

LONDRA Antonio Conte al primo anno in Inghilterra è arrivata la vittoria della Premier League con il Chelsea, il record di 30 vittorie in campionato e domani la finale di FA Cup con l’Arsenal. Si aspettava di iniziare così?
«Sinceramente no. Mourinho aveva fatto la storia, ma il Chelsea veniva da un 10° posto e i problemi c’erano. Un sacco di persone, me le ricordo, erano dubbiose sul fatto che io potessi portare qui il mio metodo. Che non è maniacale, ma studiato, ragionato. La vittoria non cancella le difficoltà però soddisfa ancor più me e la squadra. I soldati vanno in guerra, ma se non vogliono andarci è impossibile avere un buon generale».
Questa sfida cosa le ha lasciato?
«Ho scoperto una pazienza che non pensavo di avere: mi sento più completo, migliore».
Domani la finale di FA Cup, il «Double» sarebbe storico.
«A inizio stagione non ci davano neppure tra le prime quattro, ora c’è la finale, ma partiamo sfavoriti. Abbiamo vinto la Premier, potremmo essere già sazi e non avere la stessa fame dell’Arsenal che con la FA Cup salva la stagione. La fame è fondamentale».
Le motivazioni contano più di tutto?
«No, quelle ti fanno vincere una partita. Avere una buona organizzazione tattica è predominante, è ciò che ti porta al successo. La motivazione però può sovvertire il pronostico».
Per gli inglesi è «The Master of Tactics»: si aspettava di diventare così popolare?
«Mi riconoscono la passione genuina e di aver portato qualcosa di diverso. Il Chelsea è la prima squadra a conquistare il titolo giocando a tre dietro».
Battuto anche il Manchester di Mourinho con cui c’era stato un diverbio. Superato?
«Noi siamo animali da campo, durante la partita sono pronto a far tutto per far vincere i miei. Parto dal presupposto che lì, sul terreno di gioco, la regola è: morte tua, vita mia. Non c’è scampo. L’importante è che ci sia rispetto. Finita la partita, finito tutto».
Difficile avere Abramovich presidente?
«Al primo incontro mi disse: voglio un’identità per la mia squadra, gli altri devono riconoscerci. Vuole essere coinvolto sempre. La settimana in cui abbiamo perso con l’Arsenal è stato qui tre giorni interi a vedere allenamenti e a parlare con me».
Parlando di Abramovich è naturale chiedere: che fa Conte?
«Stiamo progettando il futuro. Quest’anno avevamo una base di 13-14 buoni giocatori, l’anno prossimo con la Champions dobbiamo aumentare la rosa nei numeri e nella qualità. La base ora c’è, bisogna metterci le ciliegine».
Futuro al Chelsea allora?
«Ho ancora due anni di contratto, dimostrano di apprezzarmi, condividono le mie idee e il mio progetto. Quando vai di pari passo nella costruzione di alcune cose sei abbastanza sereno. E non è questione se Abramovich mi accontenta...».
E allora che questione è?
«Nel mio percorso di allenatore non mi hanno mai dato chissà che. Magari uno chiede, ci sono altri che sono bravi non solo a chiedere ma anche a farsi accontentare. Io chiedo, ma devo imparare la via giusta per farmi accontentare. Sotto questo punto di vista devo crescere molto. A chiedere sono bravi tutti, i fenomeni sono quelli che ottengono. Qui c’è condivisione di un progetto, sanno che la rosa va rinforzata».
Dopo Ranieri lei è il secondo italiano di fila che vince in Inghilterra.
«La nostra è una grande scuola. E mi riempie d’orgoglio che abbia vinto Massimo Carrera in Russia. Ma una cosa è allenare in Italia, un’altra all’estero: non è da tutti».
Un dubbio era: chissà se Conte ha la flessibilità mentale per adattarsi.
«Tutti ricordano sempre i miei tre scudetti con la Juventus. Il mio percorso è stato però sempre lo stesso. Negli ultimi 6 anni, quando ho iniziato la stagione e cioè Bari, Siena, Juventus e Chelsea, ho sempre vinto. E con la Nazionale siamo usciti ai quarti ai rigori. Eppure c’è sempre stato un sottofondo».
Quale sottofondo?
«C’è sempre stato un “Conte è bravo, però...”. C’è sempre stato un “però...” e non ho mai capito perché. La verità è che per uno che ama fare con la sua testa e non scende a compromessi ci sarà sempre un però. Diventi una persona difficile da gestire. “È bravo, però... ha vinto solo in Italia”. Adesso ho vinto in Inghilterra e diranno: “È bravo, però... vediamo se si riconferma”. Oppure: “È bravo, però... deve dimostrare in Champions”. Io la Champions l’ho fatta con la Juventus che era agli albori».
La Champions è un traguardo per cancellare il però?
«Non devo cancellare nessun però, viene da gente invidiosa che non ha mai vinto nulla e mette un però su un percorso netto».
Si arriva alla famiglia: la porta a Londra?
«Con mia moglie abbiamo preferito aspettare i primi sei mesi. A gennaio si sarebbe dovuta trasferire, ma non volevamo far lasciare la scuola a metà anno a mia figlia. L’anno prossimo la famiglia si trasferisce».
Lei ha lasciato una Nazionale positiva. Che possibilità ha l’Italia con la Spagna per il Mondiale?
«Un gruppo con Buffon, Chiellini, Barzagli, Bonucci, Marchisio ha una base importante. Stanno crescendo buoni giovani e Ventura è l’uomo giusto. E Donnarumma è un predestinato».
In serie A iniziano a esserci tante proprietà straniere: è un bene?
«Non bisogna avere pregiudizi, ma chi arriva faccia le cose in modo serio».
Totti ha detto che gioca un altro anno: fa bene a continuare?
«Se corpo e mente gli rispondono ok ed è pronto ad andare al campo ogni giorno, perché smettere? Anche perché quando finisci finisci, non si torna più indietro».