Corriere della Sera, 26 maggio 2017
L’ammonimento (firmato Bannon) agli alleati europei. «Non siete corretti»
BRUXELLES L’idea di gettare un petardo nel momento più solenne della giornata pare sia stata di Steve Bannon, il controverso consigliere di Donald Trump. L’ideologo della «Alternative Right», del neo isolazionismo americano ha aggiunto un tocco da populista sovversivo al discorso pronunciato dal presidente, ieri a Bruxelles, davanti ai 27 partner della Nato, schierati sotto un piccolo podio. Trump ha dedicato poche frasette retoriche ai Memoriali dedicati al Muro di Berlino e al principio di solidarietà fissato dall’articolo 5 del Trattato: tutti vanno in soccorso di chi viene aggredito. Poi il leader del Paese più forte si è trasformato in ruvido esattore, reclamando dagli altri «il giusto contributo» finanziario per la difesa comune.
Nel vertice in Galles del 2014 i 28 alleati si erano impegnati a destinare il 2% del prodotto interno lordo alle spese militari, entro il 2024. Trump ha ricordato qual è la situazione: su 28 Stati solo cinque hanno raggiunto quella soglia. Il commento letto dal presidente ha le impronte digitali di Bannon: «Tutto ciò non è corretto per il popolo e per i contribuenti degli Stati Uniti». Quindi non è una questione politica tra governi: questa storia è una «mancanza di rispetto nei confronti del popolo americano».
In realtà solo cinque soci sono in regola: oltre agli Stati Uniti, Grecia, Estonia, Regno Unito e Polonia. Ma il bersaglio numero uno di Trump è la Germania. Poi la Francia e il Canada. Anche l’Italia è molto indietro, però è tra i gli attori più attivi nelle missioni internazionali.
L’asse franco-tedesco, dunque. Ma l’animosità anti-europea di Bannon non basta a spiegare la durezza di Trump. La spinta è venuta dai due generali più influenti dell’amministrazione: il consigliere per la sicurezza nazionale Herbert Raymond McMaster e il segretario alla Difesa, James Mattis. Sono stati loro a fornire analisi e contenuti. Trump ha citato un solo numero: se tutti avessero versato «il giusto» ora ci sarebbero 119 miliardi di dollari in più «a disposizione della difesa comune». Nelle ultime settimane il Pentagono e i servizi segreti hanno avvisato il presidente: le minacce si stanno moltiplicando. Non c’è solo l’Isis, bisogna contrastare con più decisione le manovre russe, l’Iran, la Cina, la Corea del Nord. Neanche il 2% sarebbe sufficiente. Trump ha già fatto un passo per accontentare i «suoi» generali, aumentando praticamente solo le uscite militari nel bilancio 2018. Ma ancora non basta.
Da dove possono arrivare allora altre risorse? La risposta è nei numeri. Gli Stati Uniti coprono il 68,2% delle spese Nato a fronte di un prodotto interno lordo pari al 45,9% del totale. La Germania provvede solo al 5,1% dei bisogni, a fronte di un pil pari al 10,2%. Anche Francia, Canada, Italia e Spagna avrebbero i margini per fare molto di più. Ma Angela Merkel ha a disposizione le risorse per fare uno sforzo supplementare.