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 2017  maggio 23 Martedì calendario

Addio a Hayden, il fuoriclasse morto per una distrazione

Ci sono casi in cui la morte arriva più beffarda del solito. Per esempio quando, con una banalità, interrompe d’improvviso vite esagerate che sembravano non temere nulla.
Come quella di Nicky Hay-den, il campione di moto, abituato a sfidare ogni pericolo e persino il proprio coraggio a 300 all’ora, investito (per sua distrazione) da un’auto mentre si allenava in bicicletta, con un gruppo di amici, a Misano Adriatico. 
È successo mercoledì scorso e ieri l’ospedale Bufalini di Cesena, dove Hayden era stato subito ricoverato, ha dato la notizia della morte: intempestivamente, quando ancora la famiglia non era stata avvertita. 
Una vita esagerata, come quella della triatleta tedesca Julia Viellehner, che per anni ha messo alla prova se stessa in uno sport durissimo, e che il 15 maggio è rimasta agganciata e travolta da un Tir mentre pedalava sul passo delle Forche, nell’Appennino forlivese. Anche lei ricoverata al Bufalini in condizioni disperate, è stata amputata delle gambe che le hanno dato successi e vittorie e si trova ancora in (esilissima) vita nonostante le notizie funeste circolate ieri pomeriggio. 
È il doppio sgambetto irridente, che taglia due esistenze giovani, poco più che trentenni. E come se non bastasse, con una coincidenza di luoghi e di tempi che neanche un regista raffinatissimo avrebbe mai potuto realizzare con tanta esattezza. Questi due campioni che hanno fatto del tempo la loro religione, si sono ritrovati nella tragedia in perfetta sincronia. E in luoghi molto vicini tra loro e molto lontani dai rispettivi Paesi d’origine, gli Stati Uniti e la Germania. Come se si fossero dati un appuntamento, o come se avessero risposto alla chiamata di un destino comune. 
Abbiamo visto la giovane esuberanza del campione statunitense sfrecciare nei circuiti di mezzo mondo, sorridere all’amico Valentino Rossi, batterlo sul filo di lana, piangere di gioia con le dita a V, sventolare bandiere, sciare nei luoghi invernali d’élite, abbracciare la fidanzata sotto la Tour Eiffel, dar da mangiare a un canguro nelle allegre vacanze australiane. 
Per Kentucky Kid, che misurava i suoi successi con i secondi e i decimi di secondo del cronometro, il tempo infinito dell’agonia, la lentezza dell’addio, è stato il più perfido dei contrappassi. 
Julia non lo sa e combatte ancora.