Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  maggio 19 Venerdì calendario

Diktat Ue alle banche venete: un miliardo di capitale privato

Si alza il conto per il salvataggio delle due ex popolari venete: la Commissione europea ha chiesto un miliardo in più per concedere il via libera dello Stato. Il problema è che dovrà trattarsi di contributi a carico dei privati, e non dello Stato nell’ambito della ricapitalizzazione precauzionale disciplinata dalla legge Salva risparmio con il suo budget da 20 miliardi.
La notizia, inizialmente diffusa da Reuters, trova conferme e dettagli da più fonti vicine alla trattativa in corso tra le due banche, il Tesoro e la Commissione europea consultate da Il Sole 24 Ore. Il commissario Ue alla Concorrenza, Margrethe Vestager ha parlato di negoziato «non così avanti» sulle due banche venete in un’intervista a La Stampa, e secondo quanto risulta in effetti il confronto degli ultimi giorni avrebbe radicalmente cambiato lo schema dell’operazione da 6,4 miliardi: il totale dovrebbe rimanere lo stesso, ma il contributo a carico dei privati, attualmente pari ai 940 milioni dell’anticipo versato da Atlante a dicembre più i 700 milioni derivanti dalla conversione dei bond subordinati, è salito di un altro miliardo; al contempo, si ridurrebbe da 4,7 a 3,7 il contributo da parte dello Stato.
Tutto questo perché negli ultimi passaggi della trattativa si sarebbero aggiornate le valutazioni sui 18,7 miliardi di Npl che al 31 dicembre facevano capo alle due banche: 9,6 miliardi lordi sono sofferenze, già svalutate del 62,2% a Vicenza e del 59,4% a Montebelluna; pulizia è stata fatta, ma i valori sono ancora più alti di quelli medi praticati dal mercato, dunque pesanti svalutazioni saranno necessarie nella fase di uscita. Secondo alcune fonti, Dg Comp potrebbe aver chiesto una svalutazione dei crediti a valori immediati di realizzo, punendo così ulteriormente le due venete. Per coprire le perdite, stando alle regole della Brrd rigorosamente applicate dalla Dg Comp, le due banche potranno utilizzare soltanto risorse extra rispetto all’aumento a carico dello Stato: ci sono i 3,9 miliardi di patrimonio netto e i 940 milioni di Atlante, che però in base alle valutazioni – decisamente più basse – delle sofferenze effettuate negli ultimi giorni si sarebbero rivelati insufficienti.
Di qui, appunto, la necessità di un altro miliardo privato, che sarebbe peraltro il frutto di un compromesso tra le richieste più alte della Dg Comp (pari a 1,3 miliardi) e la controproposta italiana, pari a 7-800. Non è chiaro come Dg Comp, Authority che, diversamente da Bce ed Eba, dipende dalle sfere politiche europee, abbia fatto i conti. L’asticella sarebbe però scesa anche in virtù delle cessioni di partecipazioni (vedi Arca) che le due banche stanno finalizzando. Certo è che che se il miliardo non dovesse arrivare tornerebbero a materializzarsi gli scenari peggiori, compresa la risoluzione per una sola o entrambe le due banche. Ma chi ce lo potrà mettere il miliardo in più? Per Bruxelles basta che arrivino. L’ipotesi più realistica è l’ingresso di nuovi investimenti da fuori, verosimilmente da interlocutori più sani del comparto bancario, i più interessati alla complessiva tenuta del sistema: da quando, nelle scorse ore, si è manifestato il nuovo fabbisogno dal Tesoro e dalla Vigilanza sono subito partite le prime comunicazioi informali con le principali banche italiane, ma le risposte non sarebbero state tutte positive. Difficile che possa intervenire Atlante, visti gli impegni su Mps, la cartolarizzazione delle Venete e delle casse emiliane in via di cessione a Cariparma, ieri si ipotizzava un possibile coinvolgimento dello Schema volontario del Fitd, già impegnato con i suoi 700 milioni di disponibilità sulle Casse di Cesena, Rimini e San Miniato: ai vertici del fondo per ora non sarebbe arrivata ancora alcuna richiesta ufficiale, e comunque anche laddove dovesse manifestarsi non parrebbe facile da soddisfare. Lo schema oggi per statuto ha una capienza massima di 700 milioni, per elevarne la potenza di fuoco andrebbe modificato con il rischio però di perdere alcune banche per strada: nel caso in cui le disdette fossero molte, però, il fondo stesso cesserebbe di esistere.
.@lucaaldodavi
.@marcoferrando77