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 2017  maggio 19 Venerdì calendario

Il rischio politico si sposta negli Usa

«Donald Trump rischia di essere afflitto dalla sindrome dell’amante latino. Quello che promette di portarti all’ottavo cielo, ma alla fine si ferma al sesto. Il suo problema è questo: ha promesso troppo». Ad Alessandro Giraudo, chief economist del Tsaf, basta una battuta per descrivere il rischio che corrono i mercati finanziari: che prima o poi gli investitori si sentano come amanti deluse.
Soprattutto ora che sul Presidente americano si addensano le nubi del «Russiagate», i dubbi e le perplessità sulla sua capacità di mantenere le promesse elettorali aumentano: riuscirà Trump – si domandano in tanti – a realizzare il suo grande programma di stimoli fiscali? Solo questa domanda dovrebbe bastare per ridimensionare le quotazioni di Wall Street, che sull’infatuazione nei confronti di Donald Trump e delle sue miracolose cure economiche ha raggiunto vette mai viste prima. Eppure non accade: neppure lo scandalo del «Russiagate», con tanto di dibattito sull’impeachment, è riuscito a far vacillare Wall Street per più di una giornata. Già ieri la Borsa americana si è ripresa. Come se niente fosse.
Perché? Dagli addetti ai lavori arrivano molte risposte. Da un lato il Segretario del Tesoro Usa ha promesso proprio ieri pomeriggio – con un tempismo perfetto – che sta per arrivare la deregulation sul settore bancario. Questo piace a Wall Street. Dall’altro un po’ tutti gli operatori di Borsa si dicono ancora ottimisti sull’andamento dell’economia e sugli utili aziendali: la bagarre politica resterebbe dunque in secondo piano rispetto alla tonicità della congiuntura. Infine tutti sanno che nessun Presidente americano è mai uscito di scena con la procedura di impeachment, per cui è difficile che accada questa volta. Anche perché servirebbero evidenze serie di un reato. Le probabilità che si concretizzi l’impeachment sono insomma poche. E percepite lontane. Per questo Wall Street non si è fatta prendere dal panico.
Ma un conto è non farsi prendere dal panico, altro conto è non guardare in faccia alla realtà. Negli Stati Uniti sta emergendo un inedito rischio politico, proprio ora che – dopo le elezioni in Francia – si è ridimensionato in Europa. Qualunque sia l’esito del «Russiagate», è infatti molto probabile che il Presidente esca indebolito da questa vicenda. Dunque è molto probabile che le sue riforme, a partire da quella fiscale che per mesi tanto ha “scaldato” Wall Street, vengano quantomeno ritardate. O addirittura ridimensionate. Se così fosse – calcola su Bloomberg Gregory Daco della Oxford Economics – la crescita economica degli Stati Uniti si attesterebbe sul 2%, piuttosto che sul 2,7% previsto con le riforme
di Trump.
Questo non giustifica certo un tracollo di Wall Street, bene inteso. Ma almeno un riprezzamento sì: considerando quanto la Borsa americana ha accarezzato il sogno della «Trumpnomic» e quanto si sono gonfiate le quotazioni, almeno un ridimensionamento delle quotazioni sarebbe giustificato. Ma ancora non si vede. Evidentemente Wall Street è ancora stregata dall’«amante latino». E crede ancora di toccare «l’ottavo cielo».
m.longo@ilsole24ore.com