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 2017  maggio 18 Giovedì calendario

Microdonazioni e scelte politiche dei Cinque Stelle

Caro direttore, sul Corriere di due giorni fa Ernesto Galli della Loggia sostiene che tra i fattori che hanno contribuito alla vittoria di Macron vi è anche l’apporto di ingenti finanziamenti del mondo della finanza e dei grandi gruppi industriali e che questo modello tende a imporsi nell’epoca della disintermediazione tra politica e società. Aggiunge che senza grandi partiti e senza finanziamento pubblico, «tutto il meccanismo politico-elettorale non può che essere fatalmente dominato dalla ricchezza privata»: questo assunto, tuttavia, mi pare contestabile. In Italia il modello di finanziamento pubblico pesante è stato sostituito da un modello che strizza l’occhio a quello statunitense, in cui privati e società di capitali possono influenzare la vita democratica attraverso ingenti finanziamenti, mentre le fondazioni private – come afferma lo stesso autore – non sono regolamentate a dovere. Eppure, per finanziare la politica in modo genuino una terza via c’è: le microdonazioni e la partecipazione diffusa. È la strada che il M5S segue dalle origini, impedendo che con la forza del denaro la voce di uno potesse oscurare quella di un altro. Solo così si può essere davvero liberi nel momento di assumere le decisioni pubbliche; solo così un’elezione democratica può essere definita autentica. Due esempi per dare la misura tangibile delle virtù di questo modello. 2013: il M5S per la campagna elettorale raccoglie 774 mila euro, grazie alle microdonazioni di circa 28 mila cittadini. Di questi, ne spende appena 348 mila e la differenza va ai terremotati dell’Emilia Romagna. Alle politiche il M5S è il primo partito in termini di voti alla Camera. 2016: elezioni di Torino. Il M5S raccoglie 72 mila euro e ne spende 65 mila, oltre un sesto in meno di quelli spesi da Piero Fassino. Neanche un euro speso per l’acquisto di spazi radiotv o per propaganda mediante corrispondenza ai cittadini. Questo per dimostrare che fare politica «con quattro soldi» non è né utopia né «pura ipocrisia». Al contrario, è la realtà che studiosi e analisti della politica hanno sotto gli occhi, già da qualche anno, e che dovrebbero sforzarsi di interpretare. Perché il futuro e la salute dei sistemi democratici passano anche da qui.
Roberto Fico Capogruppo M5S alla Camera***

C’è un piccolo particolare di cui l’onorevole Fico nella sua lettera mi sembra non tener conto. Ed è che il meccanismo elettorale non implica solo le spese per la propaganda ma anche (o soprattutto?) la scelta dei candidati. Si spende per far eleggere quel o quei candidati. Posso concedergli tranquillamente che i 5 Stelle hanno speso solo la cifra esigua da lui indicata, frutto di innumerevoli microdonazioni. Ma sono convinto che il prezzo – politico, non monetario – pagato per tutto questo è stato, nel caso del suo movimento, il virtuale sequestro della scelta di tutte le candidature da parte di Beppe Grillo. Ovvero, il che è lo stesso, la necessità assoluta del suo placet a ognuna di esse.