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 1979  marzo 16 Venerdì calendario

Dopo 80 anni tornano sull’Appennino parmense le aquile

PARMA — Dopo circa 80  anni l’aquila è ricomparsa nei cieli dell’Appennino parmense. Le sue evoluzioni sono state  osservate con gioia dagli amanti della natura che in quei voli vedevano un premio ai loro sforzi per sensibilizzare  l’opinione pubblica sulla necessità di salvare l’ambiente dai guasti della civiltà e di recuperare ad un normale equilibrio ecologico territori sottoposti alla pressione (o aggressione)  dell’uomo. L’aquila è, dunque, tornata. «Quasi non ci volevo credere — racconta Francesco  Mezzatesta, segretario della Lega  italiana protezione uccelli — quando qualche tempo fa ho osservato per la prima volta una giovane aquila (mentre un esemplare adulto è totalmente scuro, l’aquilotto presenta  vistose macchie bianche sotto le ali ed un sottocoda pure  bianco) librarsi sopra i boschi di Cormiglio, un comune della Val Parma a circa 50  chilometri dalla città».
Dopo quella prima osservazione altre ne sono state fatte. Una decina di esemplari, quasi tutti giovani, sono stati notati; uno, purtroppo, è stato  ritrovato ucciso sotto un traliccio  dell’alta tensione. «Si tratta di aquile reali appenniniche ("Aquila chrypaetos") — continua Mezzatesta — che provengono  probabilmente dalle Apuane, dove questi grandi uccelli (raggiungono i 2 metri e 30 centimetri di  apertura alare) vivono ancora  abbastanza numerosi. Il fatto che siano dei "giovani" non deve meravigliare: il territorio di  origine evidentemente non garantiva la sopravvivenza a tutti e così il "clan" li ha costretti ad andarsene».
Ma riusciranno gli aquilotti da poco emigrati nel Parmense a sopravvivere, a nidificare e a riprodursi? Mezzatesta è  incline all’ottimismo: «Nel passato le aquile venivano  sistematicamente uccise perché  considerate nocive, ora per fortuna la mentalità è cambiata ed il  territorio in cui sono ricomparse è ancora "sano". La presenza dell’aquila garantisce  l’equilibrio naturale dal momento che questo superpredatore alato si nutre di selvaggina malata, di roditori, serpenti e di piccoli altri animali (specie giovani volpi) impedendo cosi la  sovrappopolazione. Inoltre non disdegna le carogne». (Giuseppe Ramazzotti sul Corriere della Sera)