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 2017  aprile 27 Giovedì calendario

Che danni gli stranieri al volante

Sono 500 ogni anno le morti legate ad incidenti stradali causati da stranieri, di cui circa 460 a danno di cittadini italiani, e 51mila i feriti, di cui circa 47 mila italiani, secondo i dati dell’Aci aggiornati al 2012. 
Si tratta di 90 incidenti al giorno con 141 feriti e più di 1,4 morti. Il costo sociale è di 4,2 miliardi di euro. I più pericolosi al volante sono in assoluto i romeni con 4.753 sinistri, seguiti dagli albanesi con 3.504 e dai marocchini con 3.142 sinistri. Al quarto posto ci sono i cinesi con 1.215, al quinto i moldavi con 735, poi i tunisini, i peruviani, gli egiziani, i serbi e gli equadoregni. 
Un trend che non si esclude sia in costante crescita proprio a causa dell’aumento esponenziale degli immigrati nel nostro Paese. 
Queste cifre fanno gelare il sangue e ci fanno capire che, sebbene la segnaletica sia un linguaggio universale, l’educazione stradale in alcuni Paesi del mondo è alquanto deficitaria, spesso del tutto assente. E a pagarne le spese siamo sempre noi italiani, che continuiamo a morire ogni giorno sull’asfalto per la leggerezza di coloro che si mettono al volante esattamente come fanno i bambini sull’autoscontro, ossia senza nessuna regola, sentendosi i padroni assoluti della strada. 
Ciò che manca è proprio questo: il rispetto dell’altro. 
Venerdì scorso, nel pieno centro di Milano, alle ore 15:30, si è verificato uno di quegli eventi che si inquadrano nella ordinaria casistica: una giovane donna è stata travolta da un’automobile guidata da una cittadina marocchina che procedeva a tutto gas in retromarcia, evidentemente senza neanche guardare se dietro di lei ci fossero pedoni attraverso lo specchietto retrovisore. 
«All’improvviso mi sono ritrovata per terra, colpita alla testa dalla macchina in corsa. Ero troppo frastornata per rendermi conto di ciò che stava accadendo, ma la macchina continuava a procedere, nonostante il mio corpo la bloccasse, ho pensato che sarei morta, ho provato a scivolare più avanti. Alla fine si è arrestata», ci racconta la donna, che, invece di essere soccorsa dalla conducente, è stata invitata da questa con tono perentorio a non chiamare i soccorsi, essendo lei priva di patente e di qualsiasi altro documento. 
Anche le persone che sono accorse in aiuto della donna investita hanno trovato la marocchina più preoccupata della propria sorte che di quella della povera ragazza appena messa sotto con la macchina, la quale, non appena è riuscita a prendere in mano il suo cellulare, capendo che aveva bisogno di un medico, ha telefonato da sola al 118. 
La marocchina allora ha chiesto alla donna di riferire alle forze dell’ordine e ai soccorritori che ad investirla non era stata lei, bensì il proprietario della macchina guidata dall’automobilista spericolata. Insomma, ancora non curante delle condizioni in cui versava il soggetto travolto, la marocchina chiedeva allo stesso di compiere un reato, ossia dichiarare il falso, accusando un’altra persona che peraltro non era presente sul posto. 
Giunti i soccorsi, l’automobilista si è data alla fuga, salvo poi essere individuata dalla polizia locale. 
Il comportamento tenuto dall’autrice dell’incidente è indice non solo della mancanza di educazione stradale da parte di coloro che giungono da Paesi extraeuropei, ma anche della mancanza di rispetto verso qualsiasi regola del vivere civile. 
Mentre la donna investita mi raccontava la sua terribile esperienza mi è tornato in mente il ricordo del mio viaggio in Marocco di qualche anno fa. Fui immediatamente colpita dal modo di guidare della gente del posto: le macchine procedevano in entrambi i sensi e anche contromano, l’abuso del clacson era diffuso, l’uso della freccia opzionale. Le strade mi apparivano come enormi autoscontri in cui gente ormai adulta seguiva un’unica regola: non seguire nessuna regola. 
Non stupisce, alla luce di tutto questo, che persone nate e cresciute in quei luoghi, una volta giunte in Italia, continuino a guidare alla loro maniera, addirittura sprovviste di patente, assicurazione, libretto, documenti. Anche perché in Italia tutto è concesso. È questo un paradiso criminale.