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 2017  aprile 27 Giovedì calendario

«C’ero anch’io a cena. Emmanuel sa muoversi e non si monta la testa». Intervista a Daniel Cohn-Bendit


AMIENS Daniel Cohn-Bendit si è schierato a favore di Emmanuel Macron e, per vent’anni eurodeputato nel gruppo degli ecologisti e liberali, è uno dei suoi consiglieri ufficiosi sulle questioni europee. Domenica sera, dopo la vittoria al primo turno, Cohn-Bendit e altri amici sono andati a festeggiare insieme con Macron alla Rotonde, provocando qualche polemica sulla quale torneremo.
Cominciamo da Amiens, dal duello a sorpresa con Marine Le Pen. Emmanuel Macron si è fatto rubare il tempo?
«È stato Macron a prendere l’iniziativa di venire ad Amiens per affrontare la questione della fabbrica Whirlpool che rischia di chiudere, Marine Le Pen lo ha saputo e ha tentato di sottrargli la scena, questo è evidente. Ma Macron ha fatto bene a discutere con i sindacati prima di andare a incontrare gli operai. Un futuro presidente cerca di capire bene la situazione, quali sono le prospettive, immagina assieme ai sindacalisti quali possano essere le soluzioni, e poi certo si confronta con gli operai. Credo che abbia scelto l’ordine giusto per fare le cose, un approccio serio».
Macron è stato criticato per il trionfalismo di domenica sera, persino Hollande gli ha ricordato che non ha ancora vinto, chiedendogli gravità.
«Sono critiche ingiuste, non è vero che Macron si sia montato la testa».
Ma anche «Libération», il giornale della sinistra, lo attacca in prima pagina chiedendogli di ridiscendere con i piedi per terra.
«Macron non è amato da tutti a sinistra. C’è questo scisma nella sinistra, un odio e alcuni parallelismi assolutamente allucinanti tra neoliberalismo e fascismo».
È questa la debolezza di Macron?
«Tutti i candidati ne hanno una. Macron si mette al centro degli schieramenti, vuole superare la solita contrapposizione tra destra e sinistra e alcune parti della destra e della sinistra reagiscono opponendosi a lui. Libération per esempio sente di essere una bandiera della vera sinistra contro Macron. Io credo che ci sia qualcosa che funziona male nella testa di alcuni intellettuali. Sono ipocriti, perché il pericolo Marine Le Pen esiste ancora. Ma rassicurano se stessi dicendo “tanto Macron vince lo stesso”, e quindi si mettono ad attaccarlo volentieri, anche accusandolo dello stesso peccato».
Cioè pensare di avere già vinto.
«Esatto. Siccome sono certi che vincerà, preferiscono non sporcarsi le mani e lasciare ai liberisti o a persone come me il compito di sostenerlo e battere Marine Le Pen. Alla fine, quando Macron sarà all’Eliseo, si saranno mostrati intransigenti e severi menando colpi contro di lui, e ognuno avrà giocato il suo ruolo. Negli anni Trenta c’era l’argomento dei social-traditori, dei social-fascisti, e oggi c’è l’argomento del liberalismo che sarebbe l’anticamera del fascismo. Ma è una sciocchezza, propria delle persone che non imparano mai niente dalla storia».
Ci può parlare di quella cena di domenica alla Rotonde? È stata vista come un cedimento precoce alla mondanità. Lei era tra i presenti, che clima c’era?
«In quella brasserie di Montparnasse c’erano soprattutto le persone che hanno fatto la campagna con lui, con cui ha lavorato per mesi e con le quali voleva festeggiare certo non la conquista dell’Eliseo, ma comunque un risultato importante e per certi versi sorprendente. C’erano i collaboratori di tutti i giorni, con le loro famiglie: la segretaria, l’autista, gli uomini della scorta. Tanti giovani, quelli che lo hanno aiutato a vincere. E poi solo un 10 per cento di persone più note, le sole a essere state riconosciute. Jacques Attali, l’attore Pierre Arditi, la cantante Line Renaud, me per esempio. Tutto qui. A differenza della cena di Sarkozy al ben più lussuoso Fouquet’s nel 2007, non c’erano i grandi finanzieri della Borsa parigina, né miliardari. Alla Rotonde c’era la Francia trasversale, di tutte le classi sociali e di età, quella a cui si rivolge Macron e che, a quanto pare, lo vota. Tutto un altro stile».
Quale consiglio gli dà adesso?
«Affrontare la crisi sociale, come sta facendo già oggi, e poi rivendicare ancora la posizione pro europea spiegando che da presidente andrà a confrontarsi con la cancelliera Merkel e il ministro Schäuble, che hanno una parte di responsabilità sul disamore di tanti verso l’Europa».
Il nuovo slogan di Marine Le Pen è «scegliere la Francia», come se votando Macron si scegliesse altro. È un problema per Macron?
«Non più di tanto, in fondo già al primo turno Macron ha convinto i francesi che si può essere patrioti senza essere nazionalisti. Ora deve insistere, e spiegare che nel mondo di oggi solo una Europa forte può garantire sovranità, e protezione, alla Francia».