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 1979  gennaio 08 Lunedì calendario

La moda del raso

«Il raso è rivoluzionario? Adriana Mulassano sul Corriere della sera del 27 dicembre  sostiene di sì e scende in campo contro chi — sociologi e  giornalisti — ha accusato il “nuovo corso” della moda femminile di essere reazionario, espressione lampante di un’atmosfera di restaurazione di riflusso. Anche se questo nuovo stile “lucido-colorato-aderente”, in una parola sexy, che scopre qui e scopre là con gran goduria della signora bene e dell’impiegatina, sembra fare un balzo indietro, agli anni Cinquanta, personalmente sono d’accordo con l’insofferenza di Adriana Mulassano nei confronti del tentativo (purtroppo di moda) di politicizzare tutto, di  etichettare con i soliti “di destra” e “di sinistra” quel che ci si mette addosso. Tuttavia mi sembra che nella foga della sua difesa (non era un po’ troppo d’ufficio?)  Adriana Mulassano attribuisca all’imputata-moda uno spontaneismo che in questo caso non le appartiene. Sappiano tutti che la moda è un grande «business», un affarone che rende molto a chi lo sa far fruttare. Se è vero che il “raso è  rivoluzionario” è anche vero che il suo rilancio è frutto di una perfetta operazione  commerciale: come sempre le donne subiscono il fascino della  novità sapientemente confezionata da quei persuasori occulti che sono gli stilisti di grido. Ancora una volta la moda si rivela come un fenomeno di potere basato sulla  manipolazione e sul consumismo. Nel dire che la moda è un fatto economico non c’è niente di male. Anzi, In questo  momento di crisi è uno dei pochi settori che tirano e portano  anche in Italia molta valuta  pregiata, perché i nostri stilisti sono finalmente sulla cresta dell’onda. Questo per parlar chiaro.  Occorre prendere la moda per quello che è, senza inventare valori inesistenti: sarebbe  anche troppo bello che un tessuto straluccicante e quattro  lustrini in più potessero  spontaneamente accomunare la signora bene e l’impiegatlna nel loro desiderio di esternare  finalmente la loro ricchezza  interiore (ma siamo poi sicuri che «un’umanità ricca dentro»  voglia far risplendere cosi la sua personalità?). Purtroppo c’è anche una questione di classe (sociale) che un vestito di raso non basta a mascherare» (Marina Luraghi, caposervizio moda di «Annabella»)