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 2017  aprile 03 Lunedì calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 135 (I conti con Craxi) Vedi Biblioteca in scheda: manca Vedi Database libro in scheda: manca   QUANDO CRAXI IN JEANS SALÌ AL QUIRINALE Jeans

LIBRO IN GOCCE NUMERO 135 (I conti con Craxi)


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QUANDO CRAXI IN JEANS SALÌ AL QUIRINALE
Jeans. Craxi, che nel 1979 si presenta al Quirinale in jeans per ricevere il primo mandato esplorativo da presidente del Consiglio.
Dita. Craxi, che alla fine degli anni Novanta, appare sulla terrazza dello Sheraton ad Hammamet, e ha le scarpe da ginnastica tagliate di lato per via delle dita laterali dei piedi amputate.
Domanda. «Sai, ci penso e ripenso e a volte quasi mi chiedo: ma ero io quello?».
Avvisi. Avvisi di garanzia in carico a Craxi il 5 maggio 1994 quando partì dall’Italia: 26.
Intervista. «Ma lei questa intervista non me la vuol dare perché non sono famosa?». «Non è questo. Sono abbastanza famoso io per tutti e due...».
Canyon. D’Alema: «Dovevamo cambiare nome, non avevamo alternative. Eravamo come una grande nazione indiana chiusa tra le montagne, con una sola via d’uscita, e lì c’era Craxi con la sua proposta di unità socialista. Come uscire da quel canyon? Craxi aveva un indubbio vantaggio su di noi: era il capo dei socialisti in un Paese europeo occidentale. Quindi rappresentava lui la sinistra giusta per l’Italia, solo che poi aveva lo svantaggio di essere Craxi. I socialisti erano storicamente dalla parte giusta, ma si erano trasformati in un gruppo affaristico avvinghiato al potere democristiano. L’unità socialista era una grande idea, ma senza Craxi. Allora avevamo una sola scelta: diventare noi il partito socialista in Italia».
Berlinguer. «Più volte mi sono interrogato sulle ragioni della profonda avversione di Berlinguer nei miei confronti. Enrico e io ci conoscevamo fin da giovani. Quando ero segretario del movimento giovanile socialista lui venne a Milano per un incontro dei rispettivi movimenti giovanili. Mia moglie Anna, con la quale mi ero appena sposato, andò a prenderlo al treno. Lui poi ruppe, ma fino a un certo punto, con l’Unione Sovietica, anche se all’Urss creò, non c’è dubbio, problemi. Ancora me lo chiedo perché si incattivì così tanto contro di me. Ma mi sono ormai dato questa spiegazione: le ragioni credo che vadano cercate anche in questioni relative alla psicologia e alla storia personale di Berlinguer. Lui veniva da una famiglia nobile, socialista e massone, quando decise di diventare comunista consumò un atto di rottura profonda con i suoi. Evidentemente il suo rapporto con me, il suo antisocialismo risentiva della rottura consumata con il padre. Io mi sono alla fine convinto che sia così».
Fischi. Al congresso del Psi di Verona nel 1984, poco prima che Berlinguer morisse, il segretario comunista fu accolto da una salva di fischi. Craxi avallò: «Se sapessi fischiare, fischierei anche io».
Prodi. «Romano Prodi? Obbedisce a poteri forti internazionali, che porteranno l’Italia in miseria, perché l’Italia deve diventare un Paese terziarizzato, che non conta più nulla».
Discorso. «Buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale. Non credo che ci sia nessuno in quest’aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro» (discorso di Bettino Craxi alla Camera il 3 luglio 1992. Nessuno si alzò).
Arlecchino. «In Italia, comunque, più che a un bipolarismo siamo di fronte a un quadro di Arlecchino. Io non
vedo comunque operazioni di vertice, perché la vecchia forma dei partiti è morta» (nel 1996).
Delinquenti. «Qui, l’unico delinquente per gli italiani sono rimasto io» (commento all’assoluzione di Andreotti)
 
 
Giorgio Dell’Arti, Il Sole 24 Ore 3/4/2017