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 2017  marzo 27 Lunedì calendario

La rivincita di Anis. «Da clandestino in Italia a star del rap in Tunisia»

REGGIO EMILIA Scappò in Europa a 12 anni nascosto in un camion nella stiva di una nave e ora, che ne ha 28, è uno dei rapper più famosi in Tunisia. La sua canzone “Clandestino”, molto autobiografica, ha fatto 31 milioni di visualizzazioni su Youtube, mentre “Bye bye” ne ha 34 milioni. Master Sina lo stanno aspettando in patria per un tour nei principali festival (Kef, da ventimila spettatori) e nelle discoteche di Tunisi, Djerba, Hammamet o Sousse, conteso da tutte le tv e radio nazionali: girerà anche una fiction. Una vera popstar, a casa sua, dove cantano a memoria anche le strofe in italiano. Ha girato, a sue spese, videoclip a Miami, Costa Azzurra e Dubai: auto, donne, lusso, soliti stereotipi rap. Da noi, invece, a Reggio Emilia all’anagrafe fa Anis Barka e – dopo aver fatto di tutto: lavapiatti, muratore, imbianchino… – ha un piccolo ristorante arabo in centro che gestisce in prima persona, con l’aiuto del cugino, e vive con la famiglia in un decoroso appartamento di periferia. Ha la faccia buona come il suo rap, allegro, positivo e senza rabbia. «Non fumo, non bevo e non sono un musulmano osservante: non mangio maiale, ma non prego e non vado in moschea».
Nel tempo libero va in sala di registrazione, a Parma, dove si sta autoproducendo il secondo album, in cui ospita alcuni rapper italiani molto noti. È uno che ce l’ha fatta, e anche se nei suoi testi in arabo e italiano avverte «non pensiate che qui sia un Paradiso» o «ho visto fratelli affogare, c’è chi si è salvato e chi non è tornato», resta convinto che ancora oggi valga la pena tentare il sogno italiano.
«Da piccolo vedevo quelli che tornavano dall’Italia con la macchina, vestiti bene. Accanto a casa nostra a La Marsa, a nord di Tunisi, – racconta – c’era una fabbrica di mobili e materassi. A 12 anni tagliai la tela di un loro camion e mi infilai dentro, sbarcando a Marsiglia due giorni dopo. I miei avvisarono un conoscente che viveva lì e che mi diede riparo. Mio padre venne a riprendermi, ma non ci riuscì. Anzi, rimase anche mio fratello, più grande di un anno, e dopo qualche mese ci trasferimmo a Parma, da uno zio che lavorava in un hotel alla stazione. Ho imparato l’italiano in terza media, poi basta scuola. Per mantenermi ho fatto di tutto. A 17 anni mi sono trasferito a Bologna, sempre con mio fratello, e anche lì di giorno facevo il lavapiatti o il macellaio alla Bolognina, e la sera iniziai a fare il pierre in discoteca e organizzare feste. Sì, sono finito anche in qualche giro sbagliato, ci passiamo tutti».
Sei anni fa un amico cuoco gli offrì un lavoro a Reggio in quel ristorante che poi Anis ha rilevato e ha continuato a organizzare feste e concerti hip hop o latinos (anche di Mtv Zone). Finché – senza saper suonare uno strumento, cresciuto solo a rap americano o francese più Pausini, Ramazzotti e Ferro – l’estate scorsa ha provato a rappare anche lui con gli artisti che ingaggiava, come il tunisino Balti e l’algerino Reda Taliani, ed è nata la sua “Clandestino”.
«Voglio diventare ricco – dice il refrain – faccio contenta la mamma senza andare a picco. Arabo in Italia, scappato dal paese sulla barca, mi sono arrangiato, ho sbagliato, sono cresciuto, ho pagato, non devo dire grazie a nessuno. Quando da piccolo ti portavano il regalo, io ero in giro a cercare denaro…».
Non è un messaggio illusorio per i suoi connazionali, specie con l’aria che tira? «Non mi interessano i discorsi politici sull’immigrazione, io racconto solo quel che vedo e ho vissuto, non racconto favole. Io mi sono fatto il mazzo, non ho mai mollato, ho fatto di tutto per arrivare qui e adesso in Tunisia mi ascoltano dappertutto. L’Italia non è razzista con chi si comporta bene e non si ghettizza. Qui c’è la possibilità di fare tante cose, c’è un’occasione per tutti. Nessuno muore di fame senza casa, acqua né pane. Voi la crisi vera non sapete cos’è. Là un operaio prende al massimo 200 euro e non ci vive, non ha futuro. Sempre meglio tentare il sogno, anche sapendo che potresti morire in mezzo al mare».
Il suo sogno ora è di sfondare anche in Italia, «ma sono solo all’inizio della strada e se non ci riesco, pazienza: mi è già andata benissimo così».