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 2017  marzo 27 Lunedì calendario

I criceti del pc vanno in piazza

SAN PIETROBURGO Dentro e fuori dalle prigioni di Stato, Aleksej Navalnyj vede aumentare la sua popolarità ogni volta che il potere lo ferma in qualche manifestazione, lo porta via e lo carica a forza su un cellulare, come quello che è stato circondato dalle proteste della folla ieri a Mosca. Le ragioni apparenti sono due: il carattere “impolitico”, spontaneo, movimentista dei raid contro il potere del giovane avvocato, che non fa riferimento a partiti tradizionali e organizzati, e l’identificazione quasi totale che l’opinione pubblica fa ormai tra l’opposizione e la lotta contro la corruzione.
Ma c’è qualcosa di più, ed è qualcosa di decisivo. Lottando contro un potere pervasivo e totalizzante, che agisce con la vecchia logica degli apparati, e controlla tutto ciò che fisicamente si muove e si raduna nelle grandi città, Navalnyj ha scelto di spostarsi nell’universo virtuale, facendo appello ad una generazione dispersa e diffusa, ma attivissima e fortemente reattiva, che diventa impossibile da controllare per il potere.
SAN PIETROBURGO Quando ha avvertito il pericolo, Putin ha provato a criticare i “criceti del computer”, ragazzi che girano a vuoto su una ruota fuori asse rispetto alla realtà, ma era ormai un attacco disarmato, che arrivava troppo tardi, con 70 milioni di russi connessi, tutta Mosca wireless e le principali aziende che muovono i loro flussi finanziari in rete. Mentre il potere presidiava le capitali, Navalnyj entrava così nella “quarta dimensione”, rinunciando a strumenti di lotta come volantini, manifesti, giornali, tutti fisicamente controllabili e contrastabili dalle polizie, diventando inafferrabile. Fino a quando il virtuale non si congiunge al reale, e il tam tam del movimenti sulla rete dà appuntamento in qualche piazza della realtà, per una manifestazione: subito arrivano le ambulanze, le sirene, i poliziotti e i cellulari, che portano via l’avvocato di 40 anni, specializzato per un anno a Yale, ormai numero uno dell’opposizione al Cremlino.
Si potrebbe dire che i criceti non vogliono saperne di tornare in gabbia. La partita del potere reale pende tutta dalla parte di Putin, che nella sua sfida all’Occidente dopo quelli che qui vengono considerati “gli anni dell’umiliazione” ha in realtà risvegliato e rassicurato l’anima imperiale della Russia, una sovrastruttu-ra emotiva e politica, sentimentale e ideologica, che in realtà è preesistente alla corazza staliniana dell’Urss, e dunque è eterna. Ma sotto il trono del potere, questa opposizione scava ogni giorno, anzi forse sarebbe più esatto dire che sega le gambe di quel trono.
Si chiama infatti RosPil, “segatura”, il blog che ha ingigantito la notorietà di Navalnyj. Il simbolo è l’aquila bicefala della Russia, che però ha due seghe al posto degli artigli, e la segatura è il prodotto improprio della corruzione, quel rivolo continuo di denaro sporco che cola dall’incontro tra gli appalti di Stato, gli affari pubblici, e gli appetiti privati degli apparati di comando, ad ogni livello.
Il sito raccoglie le denunce di malaffare da qualunque parte arrivino. Novantatré avvocati le verificano, rifanno i conti, controllano le procedure, denunciano il denaro pubblico sprecato: un trilione di rubli su cinque spesi ogni anno, sostiene RosPil. Dopo la denuncia si segue l’iter dell’appalto o del contratto, se c’è una revisione della spesa e dei metodi si rendiconta il denaro recuperato, altrimenti la denuncia va avanti.
Chiaramente in un Paese fortemente controllato e pesantemente corrotto questo meccanismo trasforma il suo autore quasi automaticamente in un moderno e inedito soggetto politico. Non solo: indica un metodo d’opposizione che evita il corpo a corpo fisico con il potere nel momento in cui lo attacca frontalmente, e che quindi può trovare facilmente non solo seguaci, ma imitatori. Naturalmente bisogna vivere con la valigia pronta, come mi spiegò qualche anno fa Navalnyj: telefonate cifrate con la moglie, come ai vecchi tempi, condivisione degli spazi e dei materiali di lavoro, il punto fatto ogni mattina insieme, perché non si sa se la sera si dormirà a casa o si finirà con quella valigia in carcere, e qualcuno deve continuare il lavoro.
Nel 2012 Navalnyj mi spiegava lucidamente che non si può essere star della rete in eterno, perché internet illumina e consuma, a un certo punto bisogna sbarcare nel mondo reale per la contesa concreta del potere. «Mi do cinque anni di tempo». Scadono proprio adesso, ed ecco il cambio di tono. È vero che durante le ultime elezioni politiche l’oppositore aveva definito alla radio “Russia Unità”, la formazione di Putin e Medvedev, «un partito di ladri e malfattori». Ma oggi va oltre. Gli amici di San Pietroburgo, appena sono arrivato in città, mi hanno fatto vedere un filmato in rete con Navalnyj in camicia bianca e cravatta che denuncia la “corruzione” di Medvedev, racconta un percorso di denaro che passa da fondazioni di solidarietà per arrivare a sei palazzi, case e poderi riconducibili secondo lui al premier. Tutti lo hanno visto, la città non parla d’altro (domandandosi anche se Putin ne approfitterà per far fuori il suo doppio) e ieri a Campo di Marte i cittadini che dicono basta alla corruzione si sono infilati in una manifestazione convocata (e autorizzata) per altri obiettivi, e hanno gridato i loro slogan facendo eco a Navalnyj.
Per il momento appena l’opposizione da virtuale diventa materiale il Cremlino la risolve come un problema tecnico di polizia, applicando il metodo collaudato dell’ epoca di Breznev con i dissidenti. Ma la rete produce un’eco universale, che corre per tutta la Russia (anche se Navalnyj è un tipico prodotto metropolitano), creando un soggetto che Mosca e San Pietroburgo non hanno mai conosciuto, né sotto lo Zar né sotto i bolscevichi: l’opinione pubblica. È a questo soggetto, insieme fisico e virtuale, ma soprattutto politico, che Putin deve incominciare a rendere conto, tra un successo elettorale e l’altro, soprattutto dopo aver promesso, cinque anni fa, che non avrebbe mai più usato il pugno di ferro con gli oppositori. Non si può regnare in eterno su una “democratura”, con forme democratiche e sostanza autoritaria: e forse la funzione di Navalnyj sarà quella minima ma potenzialmente esplosiva – di aver portato alla luce questa contraddizione.