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 2017  marzo 27 Lunedì calendario

Picasso & Roma. Quella Parade cent’anni dopo

L’avanguardia e l’eternità, sotto lo stesso cielo. Picasso in una stanza dell’Hotel de Russie, tra le cupole monumentali. Nello stesso corridoio dell’albergo a piazza del Popolo, Jean Cocteau. Mentre Stravinsky, che i cronisti romani di allora descrivevano come un ometto esile, quasi calvo, gran naso e grandi occhiali, soggiornava poco più in là, intorno al teatro Costanzi dove dirigeva brani di Petruska e di Feu d’artifice. Nel cuore di una città barocca e classica, con gli echi della guerra ancora attenuati e un fermento culturale che già animava salotti e bar. 
LA VACANZA ROMANA
Cento anni fa Pablo Picasso soggiornò nella Capitale per otto settimane. L’occasione fu la tournée romana della compagnia dei Ballets Russes di Djaghilev, invitati all’Opera dall’impresaria Emma Carelli. Il maestro voleva iniziare a lavorare sul sipario di Parade, il balletto ideato da Jean Cocteau su musiche di Satie: fu proprio Djaghilev a promuovere la collaborazione dei tre artisti. Picasso era infatti arrivato in città per concordare la sua prima partecipazione a un evento del geniale imprenditore che vedeva nella danza potenzialità creative totali. Parade era un progetto innovativo, vertiginoso: una parata circense, visionaria che marciava su un’Europa afflitta da migliaia di morti. Quasi un ultimo sprazzo di follia festosa nel pieno di una tragedia. Per descrivere lo spettacolo, inesorabilmente fischiato alla prima parigina, Apollinaire, nel programma di sala dello Chatelet, battezzò la parola surreale. Serata memorabile per il contrasto tra dissensi e consensi: Proust, anche lui in platea, rimase incantato. 
Picasso, dal suo studio in via Margutta, aveva ideato costumi realizzati con latta, legno, e un immenso sipario, «un giocattolo infrangibile» diceva Cocteau che aggiungeva: non è cubista, non è futurista, non è dadaista. Non cercate di romperlo per vedere che cosa c’è dentro, perché non c’è niente.
La tela centenaria di 10,60 per 17,25 che dal Centre Pompidou sta per mettersi in viaggio verso il lungo tour dell’anniversario, verrà esposta dall’8 aprile al 10 luglio al museo Capodimonte a Napoli e poi a Roma, in autunno, a Palazzo Barberini accompagnata da opere e documenti che illustreranno quanto e come la vacanza romana e poi napoletana, impressionò l’immaginario di uno dei protagonisti assoluti della pittura del Ventesimo secolo. 
IL CIUFFO
Picasso, allora aveva 36 anni, aveva abbandonato Parigi piegata dalla guerra, ed era incredibilmente scapolo. Piuttosto basso, largo di spalle, con due occhi vivissimi, penetranti e un gran ciuffo di capelli color ebano che gli scende sull’orecchio destro: Vittorio Orazi, pseudonimo con cui si firmava Alessandro Prampolini, fratello di Enrico, lo racconta così al suo ingresso al Costanzi per la mondanissima serata Massine che verrà rievocata, ricostruita e reinventata dal teatro dell’Opera, il 10 aprile con lo spettacolo Picasso a Roma cento anni fa, curato da Lorenzo Pavolini, interpretato da Maddalena Crippa e Massimo Popolizio. Musiche, naturalmente, di Satie e Stravinsky.
LA SERATA
Il 10 aprile del 1917, nel ridotto del Teatro Costanzi, fu allestita una mostra di opere della collezione di Massine, ballerino e coreografo dei Ballets Russes. Erano esposte creazioni di autori dell’Avanguardia, molti dei quali erano presenti nel foyer: Bakst, Balla, Depero, Prampolini oltre naturalmente a Djaghilev, Stravinskij, Cocteau, Massine e Picasso che esponeva per la prima volta a Roma un suo quadro. La sera precedente la compagnia era andata in scena con L’uccello di fuoco e Feux d’artifice di Stravinsky che diresse con uno scenario di Balla. «Vogliamo ricordare spiega il sovrintendente dell’Opera, Carlo Fuortes – questo straordinario momento della cultura europea che vide la città e il nostro teatro al centro della vita artistica internazionale. Non una celebrazione accademica, piuttosto una serata in cui far rivivere lo spirito e l’entusiasmo delle Avanguardie».
L’AMORE
In quei giorni Picasso frequentava il Caffè Greco, dove incontrava gli artisti Balla, Depero, Prampolini, visitava gli atelier dei Futuristi e la hall di un albergo al Pantheon, il Minerva, dove Djaghilev aveva sistemato la sua compagnia di danzatrici, in scena in quei giorni al Costanzi. Olga era la sua preferita, Pablo se ne innamorò e la seguì in tour. Insieme arrivarono a Napoli e Picasso scoprì Pompei, le maschere partenopee, Pulcinella, che ispirarono un nuovo lavoro con Djaghilev che verrà messo in scena quest’estate nel teatro antico del sito archeologico dalla compagnia del teatro dell’Opera. Pulcinella, che debuttò a Parigi nel 1920, venne accolto questa volta da scroscianti applausi. Picasso era all’apice del suo splendore, la moglie Olga all’inizio di un calvario di gelosie e depressione. Roma era già lontana.