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 2017  marzo 27 Lunedì calendario

Emanuele, 20 anni, difende la fidanzata. Lo circondano: ucciso a calci e pugni

ROMA Chi gli ha dato il colpo di grazia con la spranga – o più probabilmente con un cric – potrebbe essere italiano. Un giovane forse di Alatri, o di un paese vicino, proprio come il povero Emanuele, già pianto senza speranza ancor prima di morire, quando era attaccato a una macchina per sopravvivere, da tutta Tecchiena, paesino in provincia di Frosinone. E proprio un ragazzo è stato portato in caserma ieri notte per essere ascoltato.
Il presunto killer e altri otto coetanei sono rimasti fino a notte fonda nella caserma dei carabinieri sotto interrogatorio. Erano già stati ascoltati sabato, 24 ore dopo il pestaggio dell’operaio ventenne, preso di mira da un albanese in una discoteca di piazza Regina Margherita per aver difeso la sua fidanzata da avances sempre più spinte. Gli investigatori dell’Arma avevano interrogato i nove e li avevano rilasciati, ma poi ieri – sulla base di altri indizi raccolti nel corso di una frenetica giornata di sopralluoghi e accertamenti tecnici – li hanno riconvocati in ufficio. Adesso rischiano di essere arrestati tutti per concorso in omicidio volontario.
Per quasi 48 ore la vita di Emanuele Morganti è rimasta appesa a un filo nel reparto di terapia intensiva del Policlinico Umberto I di Roma, poi ieri sera la tragica notizia del decesso. Da venerdì notte i medici monitoravano la sua situazione. Lo avevano anche sottoposto a un intervento chirurgico. Ma i risultati non avevano dato gli esiti sperati: i troppi colpi, violentissimi, avevano devastato la testa e il volto del ventenne, provocato fratture craniche e cervicali, al punto da renderlo quasi irriconoscibile. Tanto da far pensare a qualche suo amico intervenuto dopo l’aggressione che in realtà il giovane fosse stato travolto da un’auto. Ma non era così.
La verità è che una furia inimmaginabile si è abbattuta sull’operaio che venerdì sera, con la fidanzata e un gruppetto di amici, aveva deciso di trascorrere qualche ora al Mirò ad ascoltare musica. Un locale – ora sotto sequestro – dove anche i buttafuori erano albanesi e non si esclude che proprio loro abbiano avuto un ruolo nell’orribile fine del ventenne. Emanuele – che viveva con i genitori e aveva un fratello e una sorella – non è stato coinvolto in una rissa. Ha solo reagito quando uno dei clienti, sotto l’effetto dell’alcol, ha provocato la sua ragazza.
Ma gli addetti alla sicurezza avrebbero preso le difese dell’ubriaco e non della coppietta. Anzi, Emanuele sarebbe stato sbattuto fuori, inseguito sulla piazza, scaraventato a terra dagli amici dell’albanese, ai quali si sarebbero aggiunti altri giovani avventori. Nessuno sarebbe intervenuto in sua difesa. I carabinieri, coordinati dal pm Vittorio Misiti della Procura di Frosinone, stanno cercando di ricostruire cosa sia avvenuto in quei momenti.
Erano le 4 di notte e al pestaggio ha assistito anche la fidanzata e qualche amico del ragazzo sul quale si sono abbattuti calci e pugni. Poi è comparsa la chiave inglese, prima lanciata dall’uscita della discoteca contro il ventenne in fuga, quindi usata contro Emanuele, ormai privo di forze, con il volto sanguinante e gli indumenti strappati. Due, tre colpi per finirlo. Il corpo sarebbe stato anche trascinato sull’asfalto, come fosse un trofeo.
Un film dell’orrore, una mattanza, con la gente che si voltava dall’altra parte, nel buio della piazza principale di Alatri. Quindi il fuggi fuggi, prima dell’arrivo dei carabinieri e di un’ambulanza.