Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  marzo 20 Lunedì calendario

Schulz conquista la Spd, via al duello con Merkel. «Ora la cancelleria»

BERLINO Neanche i bonzi della vecchia Ddr o i proverbiali bulgari osavano la percentuale tonda, alle elezioni truccate dei regimi dell’est. Ieri, al democratico congresso straordinario della Spd, Martin Schulz ha preso invece il 100% dei consensi. Non uno dei 605 delegati ha votato contro, nella molto berlinese coulisse di una fabbrica dismessa di Treptow. È lì che i socialdemocratici hanno incoronato l’uomo che sfiderà Angela Merkel alle prossime elezioni. E lui ha infiammato la platea: ci prenderemo la cancelleria, ha promesso.
Altro che la sinistra spaccata italiana o francese: a Berlino non si ode un dubbio, uno spiffero, una corrente. Il partito ha fatto quadrato attorno al suo candidato con numeri che neanche Willy Brandt, Gerhard Schroeder o Kurt Schumacher. Un comportamento all’altezza della sfida, che è quella di battere l’eterna Kanzlerin. E lui ha confermato la traiettoria disegnata sinora. In attesa del programma ufficiale, che sarà reso noto a giugno, l’ex presidente del Parlamento europeo ha scandito davanti alla sala strapiena che «se non ci occuperemo noi di rendere più equo questo Paese, non lo farà nessuno».
Per Schulz, dopo un quarto di secolo di carriera nelle istituzioni europee, è chiaro anche che la Germania e l’Unione europea «sono inseparabili». Resta forte l’accento sui temi sociali, per il leader del centrosinistra tedesco: è «insopportabile», esclama, che ci siano ancora delle differenze così grandi tra gli stipendi delle donne e degli uomini, dei tedeschi dell’est e dell’ovest. E nei suoi comizi, Schulz non dimentica mai il nemico a destra: «L’Alternativa per la Germania è una vergogna per la Repubblica» è ormai un suo slogan rodato. Piuttosto, evita gli attacchi diretti a Merkel. Il suo partito, del resto, governa ancora con lei.
Ieri Schulz ha attaccato trasversalmente le destre europee e americana. Ha accusato Marine Le Pen di usare parole d’ordine degli anni Venti, il decennio dei Fascismi. E ha ricordato che «chi stigmatizza il lavoro della stampa come stampa bugiarda mina la libertà», che si tratti dei manifestanti islamofobi di Pegida o il presidente americano Trump. Schulz stesso promette che non farà una campagna elettorale «di offese personali».
Puntuali, le reazioni dei conservatori. Inevitabilmente lacerati anche dal dubbio che il successo incredibile di Schulz non sia anche un sintomo della stanchezza verso Merkel. Così, il sassone Sven Schulze (Cdu) tenta davvero la carta della Germania Est: «Se l’obiettivo è quello di fare un governo con gli eredi di Honecker, il 100% è un buon inizio».
C’è poco da fare: a proposito di numeri, quelli che sta producendo l’ex borgomastro di Wuerselen parlano chiaro. Dalla fine di gennaio, quando la candidatura di Schulz – che ieri ha ricordato la sua biografia di “uomo dalla porta accanto” con il suo curriculum scolastico modesto e alcolismo sconfitto – è stata annunciata, la Spd ha spiccato il volo.
Il partito è fisso sopra il 30% nei sondaggi di qualsiasi colore – a dicembre era dieci punti sotto – cioè testa a testa con i conservatori di Merkel. E i nuovi iscritti al più antico partito tedesco sono 16mila. Ormai si sprecano i nomignoli ironici (ma neanche tanto): “The Schulz”, geile Sau (“fico pazzesco”, più o meno) e la Junge Union, l’associazione giovanile del partito, ha srotolato ieri sulla Sprea, davanti all’ingresso dell’Arena, uno striscione che recitava così: «Hey Gottkanzler (“cancelliere-dio”)! Se riesci a camminare sulle acque, vienici a trovare». La corsa è ancora lunga. Ma l’entusiasmo c’è già al cento per cento.