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 2017  marzo 15 Mercoledì calendario

Stressato come un bancario

«Il posto in banca» era un miraggio, è diventato quasi un oltraggio. Dice il dipartimento di medicina del lavoro di Pisa che, ogni cento lavoratori stressati, venti sono bancari. Gli altri ottanta, si presume, clienti. Secondo una ricerca della Sapienza di Roma, l’ottantadue per cento degli impiegati di banca soffre d’ansia e il ventotto, un’enormità, fa uso di psicofarmaci. Gli assicuratori non se la passano molto meglio. Come hanno potuto dei lavori sicuri e ben remunerati trasformarsi in una fonte di incubi, transitando in appena una generazione dall’ammirazione al biasimo sociale? Sono le meraviglie del turbocapitalismo finanziario, decantato solo da chi non è mai stato toccato dal suo pungiglione. In molte banche, per fortuna non in tutte, l’impiegato si ritrova tra due fuochi. Da una parte i manager, sempre più passeggeri, che avendo il loro orizzonte temporale al 31 dicembre dell’anno in corso sono animati dall’unica missione di «fare budget» il più in fretta possibile. Dall’altro gli utenti da spennare, molto spesso ingenui o semplicemente fiduciosi, ma in qualche caso fin troppo avidi nell’accettare dei rischi assurdi, di cui poi incolperanno chi ha indotto loro a correrli.
Il povero bancario rimane preso in mezzo. Se agisce con prudenza, perde il posto. Se lo fa con bramosia, perde la faccia. Ci sono impiegati, in certi paesi del Veneto e della Toscana falcidiati dalla peste obbligazionaria, che per strada sono più insultati degli arbitri. In fondo anche loro pagano una mancanza di rigore.