Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  marzo 09 Giovedì calendario

Burqa à porter

Ecco la grande risposta dell’Occidente allo hijab, il velo usato più comunemente dalle donne islamiche: la Nike ne produrrà uno, ovviamente iper-tecnico e traspirante, pronto a invadere i mercati del Medio Oriente. La Nike vuole diventarne il principale distributore e sta già aprendo dei punti vendita nei Paesi arabi, e già lo senti il progressista relativista: che c’è di male? Molte donne musulmane lo scelgono consapevolmente ed esiste un’azienda che incontra le loro esigenze anziché lasciarlo alla mediocre produzione locale, il mercato è un regolatore implacabile, occupa degli spazi e basta. E poi: non è che il mercato, da noi, vende i tanga o i bikini perché è favorevole all’emancipazione. Giusto. A parte un dettaglio: nessuno, da noi, ti obbliga a metterti un tanga o un bikini, nessuno ti prende a frustate se non lo indossi, come avviene in molti Paesi islamici se non rispetti, pure, una serie di regole che vedono la donna inferiore per legge. Ma è il mercato, capito: presto la Nike potrebbe allora produrre delle fruste in carbonio ultraleggero, Gucci potrebbe occuparsi del burka, Prada dello chador, il vero marmo di Carrara potrebbe suggellare le più prestigiose lapidazioni, acciaio svizzero o giapponese renderebbe più rapide e precise le decapitazioni. Battute fuori luogo? Per niente, visto che il mercato occidentale e italiano già provvede a dotare gli estremisti della madre di tutte le importazioni dall’Occidente: le armi.