Corriere della Sera, 5 marzo 2017
Le mosse in Senato per sfiduciare i vertici Consip
ROMA La trappola scatterà domattina al Senato. E ha la forma di una mozione parlamentare che impegna il governo Gentiloni a «esercitare tutti i poteri spettanti al ministro dell’Economia (…) per promuovere l’immediato rinnovo dei vertici della Consip (…) anche in considerazione della palese violazione di puntuali adempimenti espressamente previsti dal suo Statuto». Una mozione che segnerebbe il destino dell’ad Luigi Marroni, che ha ammesso di fronte ai magistrati le pressioni di Tiziano Renzi e di Denis Verdini, mai denunciate prima. Ed è il meccanismo che può far saltare il banco, rischiando di mettere all’angolo il Pd proprio nel momento in cui al Nazareno sono sicuri di avere la forza aritmetica per respingere la mozione di sfiducia del M5S contro Luca Lotti. Il testo è stato messo nero su bianco dal Movimento Idea, guidato da Gaetano Quagliariello. «Questa mozione», spiega lui, «è l’unico modo per tenere insieme sia chi vota la sfiducia contro Lotti sia i garantisti convinti che la situazione Consip sia diventata insostenibile». Alla raccolta di firme sta lavorando Andrea Augello. «Possiamo arrivare anche a cento», ha detto ieri prima di chiudere un pomeriggio all’insegna delle telefonate. Sulla carta sono scontati i voti di Forza Italia, che uscirebbe dall’imbarazzo sul mancato sostegno della mozione anti-Lotti. Ma anche quelli del M5S e degli scissionisti Mdp. Se non una maggioranza, poco ci manca. La mozione è il colpo di scena che può innescare quell’effetto domino da cui la mozione di sfiducia del M5S è aritmeticamente lontana. «Per la sfiducia a Lotti non ci sono i numeri», ha spiegato ieri Maurizio Gasparri mentre il ministro dello Sport incassava il sostegno di Andrea Orlando. L’area di Emiliano, però, insiste sul suo passo indietro e, al capogruppo alla Camera Ettore Rosato, Francesco Boccia chiede «che il gruppo incontri Lotti e si faccia spiegare una volta per tutte le sue ragioni». Una giostra infernale. Che solo un passo indietro del ministro può fermare.