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 2017  febbraio 27 Lunedì calendario

Trump contro star e media: non sono stato eletto per loro

Warren Buffett dice che l’economia americana va molto meglio di quanto non dica il presidente Trump, e ha bisogno degli immigrati come risorsa preziosa, e il nuovo consigliere per la sicurezza nazionale McMaster avverte i suoi collaboratori di essere contrario all’uso del termine «terrorismo islamico radicale». Dunque mentre il capo della Casa Bianca continua e rilancia la sfida con i media, identificati come il nuovo nemico contro cui coalizzare i suoi elettori, e medita di ritirare gli Usa dalla Commissione diritti umani dell’Onu, riceve attacchi alla propria linea dall’interno e dall’esterno dell’amministrazione.
Trump ha annunciato che non parteciperà alla tradizionale cena dei corrispondenti alla Casa Bianca, un appuntamento sociale in cui il presidente e i giornalisti si prendono in giro, per raccogliere fondi destinati alla beneficenza. Ieri la sua portavoce Sarah Huckabee Sanders ha spiegato che mancherà perché «non è stato eletto per passare il suo tempo con i reporter e le celebrità». Il segnale dunque è chiaro: per Trump attaccare i media è una scelta strategica. Il suo consigliere Bannon li considera «il partito di opposizione», mentre il portavoce Spicer ha perquisito i cellulari del suo stesso staff, sospettandoli di passare soffiate ai giornalisti. Gli elettori che hanno votato Donald odiano i media tradizionali, come il «New York Times» o la Cnn, che considerano strumenti liberal al servizio delle grandi multinazionali globaliste, accusate di aver portato via il lavoro agli americani. I suoi sostenitori si informano attraverso i siti, i blog, le trasmissioni radio conservatrici, e giudicano i «legacy media» come fake news. Attaccandoli, quindi, il presidente rafforza il legame con i suoi elettori, e dopo la vittoria su Hillary Clinton indica il nuovo nemico contro cui mobilitarli. Nello stesso tempo non ha nulla da perdere, perché tanto questi media lo avversavano prima della sua elezione, e continueranno a farlo ora. Non vedendo la possibilità un rapporto costruttivo, Trump attacca senza remore, ed evita la cena con le celebrità che agli occhi dei suoi sostenitori lo omologherebbe ai politici dell’establishment contro cui aveva condotto la campagna.
I problemi veri però vengono dalle persone competenti, che non si accontentano della linea demagogica. Buffett era un sostenitore di Hillary, ma è anche un mito americano della finanza. Nella lettera annuale ai suoi investitori ha offerto la consueta visione ottimistica sul futuro dell’America, che tuttavia contrasta con quella di Trump, pur senza nominarlo. Il capo di Berkshire infatti dice che l’economia va molto meglio di quanto non ammetta il capo della Casa Bianca, che ha vinto le elezioni proponendosi come rimedio al disastro in corso. Così offre argomenti per smentirlo, quando il presidente rivendicherà come un proprio risultato la crescita e l’occupazione che hanno invece le radici nelle scelte dell’amministrazione precedente. Buffett poi avverte che gli «immigrati ambiziosi» sono al cuore del successo dell’America.
Ancora più complessa per Trump è la posizione presa dal nuovo consigliere per la sicurezza nazionale, che nel primo incontro col suo staff ha detto di non usare il termine «terrorismo islamico radicale». McMaster era il braccio destro del generale Petraeus in Iraq, e ritiene che i terroristi vadano dipinti come estremisti che violano l’islam, proprio per dividerli dalla maggioranza dei musulmani. Trump però aveva usato quel termine nel discorso dell’Inauguration, e il consigliere Bannon lo condivide. Qualunque cosa cerchino di fare i media per deragliare l’amministrazione diventa irrilevante davanti a queste contraddizioni, che sono reali e andranno risolte.