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 2017  febbraio 27 Lunedì calendario

Togliere i würstel dal menù del governo? Sfida (politica) al buffet

Angela Merkel conosce gli obblighi della campagna elettorale. Per cercare voti, in passato, non ha esitato ad immergersi nelle sagre popolari e addentare, in favore di fotografi e telecamere, succosi würstel di Turingia. La cancelliera non pareva in realtà troppo avvezza all’impresa: a Erfurt, qualche anno fa, l’hanno immortalata con il panino in bilico fra due dita e lo sguardo attonito di chi già soffre per il surplus calorico. Ma tant’è. «Würstel e crauti» è il piatto tedesco per antonomasia, il simbolo dell’arte culinaria della Germania nel mondo. Pure nella variante multietnica nata nelle strade di Berlino a metà del secolo scorso, il «currywurst», la salsiccia resta un simbolo nazionale tanto quanto la bandiera. Almeno per i conservatori.
Lo conferma l’ultima battaglia scoppiata tra le due anime del governo di «Grosse Koalition», familiarmente GroKo. Galeotto fu il buffet organizzato dal ministero dell’Ambiente per il simposio «Esportare tecnologie green», a Berlino: in tavola neppure l’ombra di un insaccato o di una zuppa gulash. Al loro posto, mele caramellate, scaloppine al sedano rapa, carote al miele e lasagne di soia alle verdure. Gli invitati potevano aspettarselo: la ministra socialdemocratica Barbara Hendricks ha di recente imposto che ai pranzi e negli atti ufficiali del suo dipartimento si servano solo menù rigorosamente vegetariani e con prodotti provenienti da agricolture biologiche, possibilmente «a chilometro zero». Al bando le carni, ancor più se insaccate, e pure qualsiasi tipo di pesce. «Mettiamo in pratica quello che predichiamo», ha detto ai giornalisti il portavoce Michael Schrören.
Una questione di credibilità che è già sfida politica. In una nazione di carnivori impenitenti, dove quasi ogni Land vanta una salsiccia doc, quanto l’Italia con le varietà di vino, la crociata ambiental-salutista della ministra Spd ha subito provocato una levata di scudi. «Io sono per la varietà e la libertà di scelta, non per il paternalismo e l’ideologia», ha replicato il suo collega Christian Schmidt, ministro dell’Alimentazione scelto fra le file dell’Unione cristiano-sociale (Csu, centrodestra). «Con noi la giornata vegetariana non passerà neppure dalla porta di servizio», ha concluso riferendosi alla proposta, presentata dal Partito Verde nel 2013, di istituire una giornata nazionale senza carne, a casa come nei ristoranti. Agli elettori l’idea non piacque: secondo alcuni analisti, quell’anno alle urne provocò il crollo dei Grünen all’8,5%.
Morale. La Hendricks è rimasta sola nella sua battaglia. Tutti gli altri dicasteri, compresa la cancelleria di Frau Merkel, hanno smentito di voler togliere würstel e altre delizie ipercolesterolemiche dai loro menù ufficiali. Soltanto il ministro dello Sviluppo ha cautamente ordinato ai suoi servizi catering di «ridurre le quantità di carne e pesce».
Comunque vada a finire, i würstel non avranno vita facile nel futuro della Germania. Alimento molto calorico, ideato pare addirittura prima del XIV secolo, per non sprecare i resti del maiale e per affrontare con scorte adeguate il freddo inverno tedesco, è finito da tempo nel mirino dell’Organizzazione mondiale della sanità: le carni processate (come salumi, salsicce, würstel) sono «cancerogeni certi», al pari di alcol, fumo e amianto, ha decretato l’agenzia dell’Onu.
D’altra parte, chissà quanti preparatori si attengono ancora alla ricetta storica del bratwurst, rinvenuta tempo fa a Weimar, in Turingia: ai tempi bisognava utilizzare solo le carni più pure, pena una multa di 24 pfennig, pari a uno stipendio giornaliero.