Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  febbraio 23 Giovedì calendario

Carige, otto anni per Berneschi. Così cade il Faraone di Genova

GENOVA Lo chiamavano “Il Faraone”. Dentro e fuori dalla banca, negli ambienti politici, del porto, della Chiesa, dell’imprenditoria e della sanità, comunque legati a Carige, di cui Giovanni Berneschi era presidente. Fino alla caduta: il padrone di Genova nel 2013 era finito nelle maglie ispettive di Bankitalia. Poi in una mega inchiesta della Procura, in migliaia di pagine di indagini da parte della Guardia di Finanza che hanno scoperchiato il verminaio: la truffa da 26 milioni di euro; soldi spariti dai caveau attraverso compravendite fasulle e gonfiate, società schermate e un flusso enorme di denaro esportato illecitamente in Svizzera. Tanto che a Lugano l’ex banchiere aveva comprato l’Hotel Holiday insieme a Ferdinando Menconi, ex amministratore delegato di Carige-Assicurazioni, suo socio nella truffa.
Il contadino di Ortonuovo «per ricaricare le batterie», diceva lui – era il padre-padrone della sede centrale della banca genovese. O almeno lo è stato dall’inizio degli anni Novanta fino al giorno in cui è finito in una cella. Ieri è stato condannato dal Tribunale di Genova a 8 anni e 2 mesi di carcere (più dei 6 anni che aveva chiesto il pm), più l’interdizione perpetua dalle cariche pubbliche e la confisca di denaro e beni pari a 26 milioni e 800 mila euro. A tanto ammonta la truffa.
Una sentenza severa, come quelle per l’intera cricca: tra cui Menconi, il faccendiere milanese Sandro Calloni, uno “spallone” svizzero che pensava a trasferire i soldi oltre confine e un immobiliarista di Voghera; inoltre, commercialisti, avvocati e notai genovesi. Sono sbiancati alla lettura della sentenza da parte del giudice Sergio Merlo. «C’è mancato soltanto che mi fucilassero – ha sbottato Berneschi – se avessi ammazzato una persona, mi avrebbero dato al massimo due anni».
Eppure, anche ai tempi dell’arresto, l’ex presidente di Banca Carige, l’uomo al centro di ogni operazione economica e finanziaria di Genova e della Liguria, non perse la sua ironia. Intercettato dai cronisti a Palazzo di Giustizia, per un interrogatorio, alla domanda “Come va?”, rispose pronto «Mi trattano meglio che alla Montallegro (famosa clinica privata della città)».
«Se parlo io mi trascino dietro mezza Genova», ha ripetuto Berneschi durante il processo. Non lo ha fatto. E però dal suo ufficio è passato tutto quello che aveva a che fare con il potere e il denaro. Non male, per il ragioniere entrato nella Cassa di Risparmio di Genova e Imperia subito dopo il diploma, in virtù di un colloquio rigorosamente in dialetto genovese. Berneschi si fa subito apprezzare perché è sveglio, intraprendente, comunicativo. Soprattutto spregiudicato. Sa come oliare il sistema. Diventa presto figura di riferimento dentro alla banca: funzionario, dirigente, direttore, senza tralasciare epiche partite di calcio. Racconterà divertito anni dopo, dei«garretti» di Gigi Grillo, ex senatore azzurro e presidente della commissione Lavori Pubblici di Palazzo Madama, già dipendente Carige, caduto in disgrazia anche lui, in inchieste giudiziarie.
Democristiano, delfino del presidente Dagnino, che in lui vede l’uomo in grado di far fare il salto alla Cassa, Berneschi scala i vertici dell’Abi, fino a diventarne vice presidente. È sempre lui che pilota la banca genovese in Borsa e la spinge al sesto posto assoluto per capitalizzazione, in un trionfo di “celodurismo” bancario. È ancora lui che riceve nel suo ufficio l’allora ministro Claudio Scajola, che in banca ha il fratello Alessandro, vicepresidente, e che governa sul Ponente ligure forte proprio dell’appoggio di Carige.
Berneschi è ovunque, allunga le mani su ogni operazione. Siede nella giunta della Camera di Commercio, intrattiene grandi relazioni con l’allora governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio e con l’arcivescovo di Genova, il cardinale Tarcisio Bertone, futuro segretario di Stato del Vaticano. Tant’è che durante uno degli interrogatori, racconta al pm Silvio Franz la propria verità sull’affaire Fondazione Carige- Ior: il presunto maxi-sconto che sotto la Lanterna fecero alla banca vaticana in una compravendita obbligazionaria, che sarebbe costato un grave indebolimento finanziario per la Fondazione e nascondeva in realtà favori incrociati, a cardinali e vip d’ogni risma.