Corriere della Sera, 21 febbraio 2017
Il Caffè
Quindici fattorini di una multinazionale che consegna pasti a domicilio hanno perso il posto per avere protestato contro l’esiguità del salario: due euro e settanta a commissione. Qualche lettore «diversamente giovane» obietterà che anche lui, all’alba dei suoi vent’anni, veniva pagato a cottimo. Si chiamavano «lavoretti», ma oggi i diminutivi hanno perso ogni accezione poetica e si protraggono ben oltre la giovinezza, configurando una condizione permanente di precariato a cui la tecnologia ha aggiunto un tratto insopportabile di disumanità. Non solo quei quindici fattorini sono stati licenziati, a Torino, per avere avanzato una richiesta legittima. Ma a comunicarglielo non è stata una persona in carne e ossa, e nemmeno una lettera. È stato un clic sul telefonino. All’improvviso si sono ritrovati fuori dal gruppo di WhatsApp che assegnava gli ordini. Per perdere il posto, nel nuovo mondo, basta venire cancellati da una lista elettronica. Accendi lo smartphone, ti cerchi e non esisti più. Magari trovi subito un altro impiego: è accaduto ai due ragazzi raccontati domenica scorsa dal Corriere. Però alle stesse condizioni, senza prospettive né tutele.
Adesso il Pd è impegnato in cose più serie, come il dividersi tra chi va, chi resta e chi rimane sull’uscio a prendere la corrente. Però il giorno in cui decidesse di fare qualcosa di sinistra, o semplicemente di utile, potrebbe ripartire dai diritti di quei fattorini in bici. Nell’inglese dei furbi li chiamano rider, ciclisti, che in italiano arcaico si traduce più onestamente: sfruttati.