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 2017  febbraio 16 Giovedì calendario

Quei test sugli animali che scontentano scienziati e animalisti

ROMA Si potrà fare sperimentazione animale ma solo per tre anni, e poi si vedrà. Lo ha deciso la Commissione Affari costituzionali del Senato, che ha approvato a maggioranza un emendamento del dl Milleproroghe (oggi la fiducia a Palazzo Madama) per permettere l’uso di animali nelle ricerche su droghe e trapianti fino al 2020. Ma proprio il 2020 è un compromesso che scontenta tutti, scienziati e animalisti, con i primi preoccupati per la competitività della ricerca italiana e i secondi che annunciano la discesa in piazza nel nome della difesa degli animali. Ed ecco perché.
In Italia vige una legge (il decreto legislativo 26/2014) che recepisce una direttiva europea (la 63/2010). Ma vi aggiunge alcune varianti restrittive, che non permettono l’uso degli animali nei due ambiti di cui sopra: i cosiddetti xenotrapianti, cioè quelli da specie animali diverse studiati per poter sopperire alla mancanza di donatori d’organo, e le sostanze d’abuso, compresi alcol e tabacco. L’emendamento passato ieri prolunga una moratoria in scadenza che bloccava temporaneamente il divieto e quindi permetteva agli scienziati di fare test animali nonostante la legge. Gli scienziati avevano sperato che l’emendamento in discussione prolungasse la moratoria di altri 5 anni, mentre gli animalisti puntavano a farla cadere e a rendere operativo il divieto.
Ma perché promulgare una legge e poi metterne subito una parte in moratoria? Perché la direttiva Ue doveva essere recepita senza modifiche, e infatti la legge italiana è stata accolta con l’apertura di una procedura di infrazione. La moratoria è scaduta a gennaio: non prorogarla, seppur in mancanza di dimostrazioni della possibilità di fare a meno degli animali, avrebbe peggiorato la nostra posizione rispetto all’Ue che proprio ieri ci ha dato due mesi per adeguarci. Ma avrebbe fatto contenti gli animalisti per i quali gli esperimenti in quei due settori sono «particolarmente inutili per i malati e crudeli per gli animali», come scrive la Lav. Mentre prorogarla avrebbe accontentato gli scienziati purché lo si fosse fatto per un numero di anni sufficiente a continuare a partecipare in maniera credibile alla ricerca Ue. Cioè coperti dalla legge per progetti di studio che durano in media ben più di tre anni. Qualsiasi via di mezzo avrebbe sollevato proteste da entrambi i fronti, ed è quello che è successo.
«Ma su queste questioni un compromesso è necessario, perché la nostra società è attenta al tema», riflette Simone Pollo, filosofo della Sapienza – Università di Roma, autore di Umani e animali: questioni di etica (Carocci, 2016). «Solo che i compromessi li puoi fare in due modi: con un calcolo, tipo una media aritmetica, anno più anno meno. Oppure puoi fare un tavolo di confronto tra istanze diverse e lasciare che la politica prenda una decisione che sia poi pubblicamente difendibile. Ecco, il primo sistema può dare risultati imperfetti, ed è quello che è successo qui».
La normativa Ue sui test animali (si possono fare ma con tante cautele), invece, è arrivata dopo una lunga riflessione ed è ritenuta una buona legge. «Perché – prosegue Pollo – richiede la massima trasparenza nell’uso degli animali da ricerca, molta di più di quella richiesta per esempio nella produzione alimentare». Ed è da notare che «negli altri paesi è stata recepita senza tutte queste difficoltà».