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 2017  febbraio 16 Giovedì calendario

Cacao, i prezzi in caduta travolgono esportatori e imprese di lavorazione

Se tutti gli innamorati del mondo avessero regalato cioccolatini per San Valentino, questo non sarebbe comunque bastato a risollevare le sorti del cacao. La materia prima è tra le più maltrattate dagli investitori: le quotazioni l’anno scorso si sono ridotte di un terzo – un tonfo che non si verificava dal 1999 – e da gennaio hanno perso un altro 10% circa, sprofondando ai minimi da tre anni e mezzo a Londra (1.524 sterline per tonnellata) e da quasi 9 anni a New York (1.881 $/tonn).
La discesa peraltro rischia di proseguire, considerato che l’esposizione al ribasso degli hedge funds non è mai stata così pronunciata almeno dal 2006, quando ha avuto inizio la serie delle statistiche.
Dopo anni di deficit di offerta e di rally dei prezzi, le prospettive per il cacao si sono capovolte. Ora gli analisti si aspettano un eccesso di forniture di 250mila tonnellate nel 2016-17, secondo il consensus Reuters, seguito da un probabile surplus anche nella stagione successiva. Nel frattempo – anche a causa dei forti rincari degli anni passati – la domanda non cresce più ai ritmi di un tempo, soprattutto nei Paesi emergenti, su cui si faceva conto per espandere i consumi al di là dei mercati già maturi di Europa e Nord America.
Gli scenari sono cambiati in fretta: appena un anno fa il timore che El Nino danneggiasse i raccolti spingeva il prezzo del cacao ai massimi dal 2011 (anno in cui il prezzo aveva raggiunto un record addirittura ultratrentennale). A Londra, dove i future sono quotati in sterline, l’impennata dei prezzi si era ripetuta tra giugno e luglio, sull’onda del rischio Brexit.
Pochi mesi dopo l’umore sui mercati è cambiato completamente: un’inversione così netta e repentina da mettere in difficoltà un gran numero di operatori, grandi e piccoli, con conseguenze che finora si sono tradotte in ulteriori pressioni ribassiste sul mercato.
Un caso eclatante è quello di Transmar, una delle maggiori imprese di lavorazione del cacao al mondo, fornitore di grandi gruppi come Nestlè e Hershey, costretta a ricorrere al Chapter 11 a fine dicembre dopo la dichiarazione di insolvenza della controllata tedesca. Quest’ultima aveva ammesso di aver subito forti perdite a causa di operazioni di hedging sbagliate in un mercato ad alta volatilità (non solo il prezzo del cacao, ma anche il cambio della sterlina). La vicenda ha fatto temere una stretta creditizia nel settore – alla lunga potenzialmente rialzista – ma nell’immediato ha fatto crollare le macinazioni: in pratica la domanda di cacao. In Germania le macinazioni si sono addirittura ridotte del 10% nel quarto trimestre 2016.
L’inversione di rotta del mercato ha nel frattempo provocato un’ondata di default in Costa d’Avorio, il maggior fornitore di cacao al mondo. Gli esportatori del paese africano, che avevano preacquistato il raccolto nelle aste governative, non sono in grado di onorare oltre l’80% dei contratti secondo fonti Bloomberg, per un totale di 350mila tonnellate. Gli operatori, spesso piccole imprese, erano convinti che i prezzi avrebbero continuato a salire, trascurando di proteggersi dal rischio ribassi.
Per arginare i danni ora il Governo ivoriano sta svendendo gran parte delle forniture che aveva assegnato in asta, con un effetto ulteriormente ribassista sui prezzi internazionali, ma rischia comunque di essere costretto a ripianare le perdite attingendo al fondo sovrano.
Nel frattempo, montagne di cacao stanno marcendo nei magazzini dei porti o addirittura nei campi. Un fenomeno che potrebbe finire col ridurre l’offerta e quindi risollevare i prezzi.
.@SissiBellomo