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 2017  febbraio 16 Giovedì calendario

La Mani Pulite brasiliana fa tremare il Sudamerica

Presidenti ed ex presidenti fuggiaschi o indagati, politici di peso e grandi imprenditori in carcere. Un terremoto giudiziario si sta espandendo dal Brasile a tutta l’America Latina. Lo scandalo «Lava Jato», la Mani Pulite brasiliana, partito quasi tre anni fa dalle mazzette pagate dai privati per aggiudicarsi gli appalti della compagnia petrolifera statale Petrobras, si è allargato ben oltre i confini nazionali, diventando il più grosso caso di corruzione internazionale degli ultimi anni. L’ex presidente peruviano, Alejandro Toledo, è ricercato dalla giustizia del suo Paese, che ha decretato per lui la carcerazione preventiva. Si trova negli Stati Uniti e non intende consegnarsi; da Lima, l’attuale presidente Pedo Paulo Kucynsky ha telefonato a Donald Trump per chiedere di velocizzare le procedure per l’estradizione. Accusato di aver ricevuto una tangente di 20 milioni di dollari pagata dall’impresa di costruzione brasiliana Odebrecht per assicurarsi l’appalto della «carretera interoceanica», Toledo è solo la punta di diamante di una lunga lista di politici nell’occhio del ciclone.
Quasi tutti nei guai a causa dei loro rapporti con l’Odebrecht, gigante delle costruzione che ha fatto man bassa di appalti pubblici un po’ ovunque. Il figlio del fondatore, Marcelo Odebrecht, si trova in carcere da un anno e mezzo, ha già ricevuto una prima condanna a 19 anni di reclusione e dopo mesi di trattative ha deciso di vuotare il sacco. La sua testimonianza, corroborata da quella di altri 77 dirigenti dell’impresa, chiama in causa decine di parlamentari, ministri e uomini d’affari brasiliani, oltre a numerosi politici latino-americani. In Brasile e all’estero, l’impresa pagava mazzette miliardarie o finanziava illegalmente le campagne elettorali, per assicurarsi i migliori contratti. Oltre a Toledo, sono nei guai anche l’attuale presidente colombiano e premio Nobel della Pace 2016 Juan Manuel Santos, accusato di ricevere 4,6 milioni di dollari per la campagna elettorale del 2014, il suo predecessore Alvaro Uribe, l’ex presidente del Panama Ricardo Martinelli, l’ex presidente argentina Cristina Kirchner e il suo successore Mauricio Macri. Una cosa è chiara agli inquirenti; l’Odebrecht non «sposava» un partito o un candidato, ma pagava tutti indistintamente, pur di assicurarsi i migliori affari.
Dai Mondiali di Calcio 2014 alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, dal Canale di Panama ai pozzi di petrolio, passando per autostrade, ponti a complessi industriali; dove c’era un appalto miliardario, l’Odebrecht era presente. In Brasile è stato citato l’attuale presidente Michel Temer e un centinaio tra ministri, deputati e senatori; la Corte Suprema deve decidere se togliere l’immunità parlamentare a una ventina di loro, nei palazzi del potere si trema. Per le mazzette ai politici è finito in carcere anche l’imprenditore Eike Batista, 6 anni fa considerato da Forbes l’ottavo uomo più ricco del Pianeta. A metà dicembre l’Odebrecht, assieme alla compagnia petrolifera Braskem, ha patteggiato una maxi multa di 3,5 miliardi di dollari alla giustizia americana e a quella svizzera (diverse tangenti sono finite nelle banche elvetiche), ma ha ancora conti aperti in Colombia, Perù, Panama, Repubblica Domenicana, Venezuela; Messico, Equador, Guatemala e Argentina. Questa settimana si riuniscono a Brasilia i procuratori di 15 Paesi per studiare la creazione di un pool congiunto. Partita dal pagamento di una piccola tangente in un garage in Curitiba dove si lavavano le auto (in portoghese «lavajato»), la Mani Pulite brasiliana può falcidiare ora buona parte della classe politica latino-americana.