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 2017  febbraio 16 Giovedì calendario

Il suicida e sua madre

La madre di Giò, il ragazzo di sedici anni che si è buttato dal terzo piano per la vergogna d’essere stato sorpreso con dieci grammi di hashish, ha parlato sulla bara del figlio, ieri mattina nella chiesa di Santo Stefano di Lavagna, un comune di dodicimila abitanti del centro metropolitano di Genova. La chiesa era piena dei compagni, di scuola o di giochi, del suicida, ed è a loro che la signora si è rivolta. Vale la pena di riferire il suo discorso, interrotto un paio di volte dallo sforzo di trattenere le lacrime.  

Sentiamo.
«[...]In ognuno di voi sono presenti dei talenti che vi rendono unici e irripetibili. E avete il dovere di farli emergere e di svilupparli. Là fuori c’è invece qualcuno che vuole soffocarvi facendovi credere che sia normale fumare una canna, normale farlo fino a sballarsi, normale andare sempre oltre. Diventate piuttosto i veri protagonisti della vostra vita e cercate la straordinarietà. Straordinario è mettere giù il cellulare e parlarvi occhi negli occhi invece che mandarvi faccine su whatsapp. Straordinario è avere il coraggio di dire a una ragazza “sei bella” invece di nascondersi dietro alle domande preconfezionate di ask. Straordinario è chiedere aiuto quando proprio vi sembra che non ci sia via d’uscita. Straordinario è avere il coraggio di dire ciò che sapete. Per Giò è troppo tardi, ma potrebbe non esserlo per molti di voi. Fatelo. A noi genitori invece il compito di capire che la sfida educativa non si vince da soli, nell’intimità delle nostre famiglie, soprattutto quando questa diventa connivenza per difendere una facciata. Facciamo rete, aiutiamoci tra noi, non c’è vergogna se non nel silenzio. Uniamoci. Un pensiero particolare va alla guardia di finanza. Grazie per aver ascoltato l’urlo di disperazione di una madre che non poteva accettare di vedere suo figlio perdersi e ha provato con ogni mezzo di combattere la guerra contro la dipendenza prima che fosse troppo tardi. Non c’è colpa né giudizio nell’imponderabile e dall’imponderabile non può che scaturire linfa nuova e ancora più energia per la lotta contro il male».    

Impressionante.
Il discorso della madre è tanto più impressionante se si pensa che è stata lei, la mattina di lunedì, a presentarsi nella sede della Guardia di finanza e a denunciare lo spaccio di hashish fuori e dentro il liceo scientifico-sportivo di Chiavari. A seguito di questa denuncia, i finanzieri si sono presentati a scuola, hanno atteso il ragazzo all’uscita, si sono fatti consegnare i dodici grammi di hashish che aveva in tasca, poi lo hanno accompagnato a casa, anche perché lui stesso aveva confessato di avere, in camera sua, altri dieci grammi di erba. Erano in casa, la madre e il figlio seduti sul divano, davanti a loro i due finanzieri quando Giò si è alzato, dicendo di voler prendere una boccata d’aria. Invece ha aperto la porta-finestra del balcone e s’è buttato di sotto. L’elicottero mandato a prenderlo sul marciapiede di piazza Torino ha rinunciato al trasporto: Giò è spirato in pochi minuti.  

Sono stretto tra queste due considerazioni: non ha esagerato la madre a chiamare i finanzieri? Non ha tuttavia ragione nel dire quello che ha detto ieri in chiesa?
Il discorso di ieri è impressionante perché fuori dal tempo e in controtendenza rispetto a tutto quello che viene detto da tanti intorno ai nostri figli e alle loro inevitabili libertà. La signora ci invita singhiozzando a recuperare una vita vera di sentimenti e di pudore. La signora ci invità a un bagno di severità, alla fuga dal paese dei finti balocchi che ci circondano. Cellulari, computer, videogiochi sono all’origine di una solitudine quale nessuna generazione precedente ha forse provato. Internet può essere la via più facile per chiudersi in se stessi. Ho letto che alcuni politici, di cui preferisco non fare i nomi, hanno colto la palla al balzo per definire «indispensabile» la legge di liberalizzazione delle droghe leggere. Uno sfruttamento ripugnante di una tragedia troppo grande per le loro piccole anime. Lo dico mentre concordo sulla liberalizzazione, che però con questo caso non c’entra. Mi aspetterei dalla politica, piuttosto, un’iniziativa forte per combattere la diffusione delle droghe a scuola, problema gravissimo.  

Chi era Giò?
Era un ragazzone alto e forte, molto popolare a Lavagna, difensore di talento nell’Entella calcio, campionato regionale della Liguria. Si strologa sulla possibilità che fosse terrorizzato dal fatto che la madre avrebbe potuto proibirgli il pallone, dopo una sequenza di brutti voti e la faccenda dell’hashish. La guardia di finanza ha agito secondo routine. I genitori l’hanno ringraziata anche con un manifesto.  

Volevo sapere se Giò aveva problemi.
Una sua compagna di scuola ha detto: «Lo conoscevo dalla quinta elementare, per anni abbiamo condiviso centri estivi e settimane bianche. C’era un malessere che lo tormentava. Con me ha fatto un discorso generale, senza parlare di fatti specifici. Ricordo una sua frase: “Tanto finisce tutto male”». Un’altra compagna di classe: «Lo conoscevo bene. A volte diceva che era stanco di vivere. Era molto intelligente. Nonostante l’aria da spaccone era capace di fare discorsi profondi come nessun altro».