Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  gennaio 18 Mercoledì calendario

Un viaggio negli Angoli di Roma tra luoghi del cuore e antichi tesori

Andrea Carandini, che conosce l’Urbe antica quanto pochi altri, vola sopra una Roma «colpita dai proiettili dei millenni», e si posa su una cinquantina di monumenti e remoti luoghi topici: racconta quel che c’era, come erano, quanto è rimasto. Insomma, del suo viaggio «isola alcuni fotogrammi», perché «le costruzioni rivelano i costumi che compongono la commedia e tragedia umana, e risvegliano nell’artificio un’emozione spontanea». E raccontano pure tante novità, ignote se non forse agli specialisti. Così, ecco come nasce la città, come era la capanna di Romolo; o il tempio più grande non soltanto dell’Urbe, ma dell’Impero tutto: quello di Settimio Severo, che è sotto il Quirinale, quasi seimila metri quadrati, più di quello siriano di Baalbeck, ma quasi la metà della basilica costantiniana di San Pietro. Per individuarlo, nei giardini del Presidente della Repubblica, ci è voluto il georadar. 
AREA
C’era un’area sacra dedicata a Serapide, e ne restano rovine sia dentro Palazzo Colonna, sia sotto l’Università Gregoriana: se ne capisce qualcosa anche in incisioni del Cinque e Seicento, quando, evidentemente, non erano stati ancora sparati tutti «i proiettili dei millenni». Con il frontone principale del tempio di Ercole e Dioniso che «poteva essere ornato dai Dioscuri, ora in piazza del Quirinale».
Tra le prime «tappe», la Casa delle Vestali; tra le altre, sette «insulae», appartamenti di condominio, che sono sotto l’attuale Galleria Alberto Sordi: «Una, particolarmente ben conservata». Per ogni edificio, non mancano i richiami al mastodontico Atlante di Roma antica: due tomi realizzati in vent’anni di ricerche, da Carandini e i suoi collaboratori cinque anni fa; anche piante e ricostruzioni. Si passa dal Mausoleo di Augusto, parzialmente rivestito in marmo e per il resto in travertino (oggi, fatichiamo a capirlo, tanto è malmesso), a quello di Adriano. Ripercorriamo i passi di una camminata di Marziale, fino a dove viveva il bibliotecario di Domiziano; rivediamo anche il Tabularium, lo «sfondo scenografico del Foro Romano sul Campidoglio», per scoprire che era alto ben 33 metri; e 26 la Domus Tiberiana, verso il Velabro; l’Heliogabalium sul Palatino, in tre piani, «conteneva almeno 170 ambienti di servizio». Questa Guida inconsueta alla città antica, edita da Laterza e intitolata Angoli di Roma, è affascinante per il salto nel tempo che ci permette di compiere. Si arriva perfino alla casa di Tarquinio Prisco, il quinto re, nella cui abitazione precedente, ristrutturata, va un sacerdote nuovo, il «rex sacrorum»: «La casa del re dei sacrifici è durata 664 anni», calcola Carandini, e la descrive com’era. 
Dai tempi in cui Romolo scaglia l’«hasta», e getta le basi della città, ai secoli non di molto successivi; la maggior parte degli immobili stava in quattromila metri quadrati, e fuori dal centro c’erano «115 complessi monumentali ed edifici» immensi: dai quattromila metri del «ludus Ducius», ai quasi 180 mila dei «Castra paetoria». Né manca neppure una sorta di monumento funebre al pane: a Porta Maggiore, nella tomba del fornaio Eurisace e della moglie Antistia, tre fregi ne mostrano tutte le tappe della fabbricazione. Percorsi insoliti, curiosità assai intriganti.