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 2017  gennaio 18 Mercoledì calendario

Karlovic, ace e record, il gigante che sfida le regole del tie-break

LA seconda giornata dell’Australian Open verrà forse ricordata per il 22 a 20 del quinto set con cui il gigante Ivo Karlovic (2 metri e 11 centimetri) ha battuto l’argento- mancino Zeballos in più di cinque ore.
Mentre gli spettatori si felicitavano per aver assistito a un record storico, mi venivano in mente un paio di cose. Dapprima che il record australiano non era niente nei confronti di quello cui avevo assistito a Wimbledon, addormentandomi a tratti, nel match di undici e più ore, in cui Isner aveva battuto Mahut per 70 a 68, con 113 aces contro 103. In Australia qualche esperto in ragioneria tennistica ricordava un modesto 21 a 19 col quale Roddick aveva sconfitto il marocchino El Aynaoui nel 2003.
Il mio secondo pensiero correva intanto al mio povero amico Jimmy Van Alen, del quale ebbi la fortuna di essere più volte ospite a Newport, nel Rhode Island, laddove aveva fondato la Hall of Fame, il museo rivale di quello di Wimbledon nel conservare la storia e i memorabilia del gioco. Un giorno, guardando al Norwood Cricket Club la modestissima partita tra me e il mio amico Bud Collins, in ritardo per la cena, ci suggerì di adottare il suo sistema, per non far troppo tardi.
Gli confessammo che la sua idea, che aveva denominato VASSS (Van Alen Symplified Scoring System) e che aveva sperimentato nei campionati universitari, con il game denominato “sudden death“, morte improvvisa, al meglio di nove punti, ci pareva brillante. Tanto brillante, che dopo qualche anno, nel ‘70, l’altro nostro amico Billy Talbert, il grande doppista e giudice arbitro dei Campionati US, ebbe il coraggio di munire gli arbitri di una bandierina rossa, da sventolare ogni volta che i giocatori raggiungessero il 6 pari.
La bandierina fece scalpore, non soltanto per il rosso che sollevò qualche sospetto, ma perché mai si era visto il set decisivo troncato da un game a 12 punti. Si è giunti ora sino a quinti set tipo 1874, primo storico anno del lawn tennis, trascinando l’antico dubbio che il tie-break (rottura di equilibro) non fosse del tutto equo e ammettendolo con l’eccezione del quinto set. Per una curiosa decisione del Fato, il buon Jimmy sarebbe scomparso il 3 luglio ‘91, giorno in cui, a Wimbledon, Stich battè in semifinale Edberg 4-6, 7-6 (5), 7-6 (5), 7-6 (5) senza che il detentore dell’anno prima avesse mai perso il proprio servizio.
Oltre a simili storici ricordi, mi pare si possa considerare positivo il match di Fognini, opposto all’attaccante spagnolo Feliciano Lopez, dal quale era stato sconfitto sempre a Wimbledon, proprio lo scorso anno. Un Fognini in giornata equilibrata, forse dovuta al matrimonio, forse al nuovo coach Davin che lo spera tra i primi dieci, forse a se stesso, ha pazientato per ben otto match point, prima che l’avversario sbagliasse l’ultimo rovescio mancino. Fabio, che non era testa di serie, è andato così a prendere il posto privilegiato, n. 28, che era del suo avversario. La strada del tabellone dovrebbe condurlo a un match ancor più difficile con il numero 8, l’austriaco Thiem.