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 2017  gennaio 18 Mercoledì calendario

C’è un pezzo di barriera corallina alla foce del Rio delle Amazzoni

È il fiume più grande del mondo, per l’immensità del suo bacino; il secondo più lungo dopo il Nilo e quello con la portata più imponente alla foce, pari al volume dei sei fiumi che lo seguono in questa hit parade planetaria. Acque impetuose, melmose, torbide. Nessuno si aspettava di trovare proprio alla foce del Rio delle Amazzoni, dove incontra l’oceano Atlantico, una barriera corallina che si estende per 9.500 chilometri quadrati. Ancora tutta da esplorare e già minacciata dai pozzi petroliferi.
L’équipe degli scienziati dell’Università federale di Rio de Janeiro, capitanata dal professor Rodrigo Moura, ha pubblicato sulla rivista Science l’incredibile ultima scoperta sul «río Amazonas», un tesoro nascosto tra i 30 e i 120 metri di profondità, davanti allo stato brasiliano di Amapá, tra il Maranhão e il confine con la Guyana francese. Sotto lo sporco e denso «plume» (la massa di materia trasportata dal fiume) si celano gorgonie, alghe rosse, 73 specie di pesci, aragoste, stelle marine e spugne gigantesche, alte fino a due metri. Qualcosa di impensabile, finora: il corallo di norma è molto sensibile alla torbidità e predilige acque cristalline, saline e soleggiate. Tanto è vero che le grandi barriere oceaniche in genere si interrompono bruscamente all’altezza degli estuari dei fiumi.
Il Rio delle Amazzoni è probabilmente il fiume più terroso del pianeta, trasporta enormi quantità di sedimenti lungo i suoi 6.437 chilometri. Apparentemente, però, proprio sulla foce le forti correnti impediscono i depositi e permettono la sopravvivenza di queste preziose colonie di celenterati marini arborescenti, intorno a cui proliferano molte altre forme di vita.
È la conferma di un’ipotesi avanzata verso la fine degli anni Settanta e confermata dalla grande pescosità di questo tratto di costa, ma mai accertata fino a oggi a livello scientifico. Questo sistema corallino, sostengono i ricercatori che hanno dragato la zona negli ultimi anni, ha caratteristiche molto differenti dai reef finora conosciuti ed è piuttosto «impoverito in termini di biodiversità». Il suo stato di salute «offre informazioni preziose anche sulla risposta degli ecosistemi corallini al cambiamento climatico», dicono gli autori del «paper» scientifico che mette in guardia anche dall’ulteriore rischio di un disastro ecologico, provocato dalle esplorazioni petrolifere lungo la costa. Un’ipotesi tutt’altro che remota.
«Negli ultimi decenni, sono stati acquisiti 80 blocchi esplorativi per la trivellazione petrolifera nella regione, 20 dei quali sono già attivi – si legge nello studio —. Presto produrranno petrolio in prossimità del reef, ma l’analisi ambientale delle società petrolifere e del governo brasiliano è in gran parte fondata su campioni non indicativi». L’associazione ambientalista Greenpeace a breve manderà sulla foce del Rio delle Amazzoni una delle sue imbarcazioni per monitorare la barriera corallina: «Sono previsti dodici pozzi. Total, Bp e una compagnia locale sono in attesa dell’autorizzazione da parte dell’Istituto brasiliano del medio ambiente per far partire le esplorazioni, in aree estremamente vicine al reef, in un caso ad appena otto chilometri», spiega Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia. «Chiediamo al Brasile di bloccare qualsiasi permesso e di preservare un ecosistema unico al mondo, di cui non sappiamo ancora nulla, oltre a ribadire il nostro invito a cercare nuove fonti di energia».