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 2017  gennaio 17 Martedì calendario

Le incertezze che spaventano Bruxelles

Eredità del governo Renzi o conto da pagare, per l’Italia, dopo la brusca inversione di marcia sulle riforme sancita dalla vittoria del “No” al referendum costituzionale del 4 dicembre? Sulla richiesta della Commissione Ue di una manovra minimo da 3,4 miliardi di euro, per correggere lo scostamento dello 0,2 per cento di deficit rispetto a quanto autorizzato dalle autorità di Bruxelles, s’è aperto subito un acceso dibattito, con le opposizioni che se la prendono con Renzi e il suo successore Gentiloni, e il ministro dell’Economia Padoan che non conferma, ma neppure esclude, la necessità di un nuovo intervento sui conti pubblici, che la Ue vorrebbe addirittura deciso entro la fine del mese.
In effetti i toni adoperati, sebbene informalmente, dagli ambienti della Commissione sembrano molto meno ultimativi di quanto facevano sembrare le prime indiscrezioni. S’intuisce che tutto ciò che è accaduto a partire dai risultati delle urne referendarie e dalla cancellazione delle riforme istituzionali ha messo in allarme i severi controllori europei. Lo scontro sul referendum sul Jobs Act e i toni da campagna adoperati dalla Cgil non hanno poi contribuito certo a rasserenarli. I dubbi sull’eventualità che l’Italia possa innescare la retromarcia su tutto l’insieme delle riforme economiche si sono rafforzati, come è emerso dalla posizione più rigida del capo dell’Eurogruppo, l’olandese Dijesselbloem, che forse riflette anche qualche preoccupazione interna, dato che l’Olanda è il primo dei partners europei chiamato al voto nel prossimo marzo (a seguire, Francia e Germania). 
Anche se la manovra dovesse rivelarsi ineludibile (Padoan ha spiegato che a scongiurarla potrebbe bastare solo una ripresa della crescita, al momento esclusa anche dal Fondo Monetario Internazionale), la sensazione, insomma, è che le preoccupazioni europee riguardino più la battuta d’arresto sulle riforme e il livello del debito pubblico, che ha ricominciato a salire, dopo una temporanea, quanto occasionale flessione estiva. E ad appesantire il clima di incertezza che agli occhi dei commissari di Bruxelles rendono meno credibile l’Italia, ci sono ovviamente le divergenze sulla data delle elezioni.
La trattativa tra i partiti sulla nuova legge elettorale, in attesa che la Corte costituzionale si pronunci sull’Italicum, procede stentatamente. Renzi e Berlusconi continuano a scambiarsi segnali di fumo, ma le rispettive posizioni rimangono distanti: il leader Pd sarebbe disposto ad annacquare i meccanismi maggioritari della legge nata ai tempi del “patto del Nazareno”, ma non fino al punto da trasformarla in un proporzionale puro, come vorrebbe l’ex-Cavaliere.