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 2017  gennaio 17 Martedì calendario

Appendino-Raggi, testacoda nel M5S

ROMA Una cosa alla Casaleggio Associati l’hanno capita. I post autoassolutori su Facebook e i video girati in una sala buia alle due di notte non funzionano più. L’operazione-simpatia per far risalire i consensi di Virginia Raggi e salvare l’immagine del Movimento parte stasera, nel salotto di Giovanni Floris, su La7. Dove la sindaca di Roma è chiamata ad ammettere alcuni errori e professare tanta buona volontà, per cercare di uscire dall’angolo dei guai giudiziari del suo ex braccio destro Raffaele Marra e dallo stallo della sua amministrazione.
Il penultimo posto nella classifica dei sindaci più amati d’Italia del Sole 24 ore, dove Raggi si piazza centotreesima e Chiara Appendino prima, suona come la certificazione del fallimento romano. Che brucia talmente tanto da non consentire al blog e ai big del Movimento di gioire per il risultato ottenuto a Torino. Tra i pochissimi a farlo pubblicamente, ci sono il senatore Nicola Morra e il consigliere regionale lombardo Stefano Buffagni. Gli altri, silenzio. Il paragone stavolta è impietoso. E da un certo punto di vista, paradossale.
Perché Virginia Raggi partiva dal consenso del 67,2 delle elezioni e lo ha visto scendere fino al 44 per cento. Battagliando con i “tutor” che le aveva imposto all’inizio il Movimento per scegliere la squadra, allontanando persone “scomode” come la giudice Carla Raineri e l’assessore Raffaele Minenna, incaponendosi su un cerchio magico che dopo l’arresto di Marra ha dovuto allontanare. Ed è vista ormai da molti – tra gli eletti 5 Stelle – come un’usurpatrice: «Era pronta ad andare avanti senza simbolo, ha fatto la conta, da quel giorno per me non esiste», dice secco un deputato. Quanto al programma, però, Raggi ha rispettato la prima condizione richiesta dai 5 Stelle: dire no alle “Olimpiadi del cemento”. Mentre un nucleo di duri e puri, a Torino, rimprovera a Chiara Appendino (che passa dal 54 per cento elettorale al 62) di stare violando il programma con i troppi sì detti all’”establishment”: il passante di corso Grosseto, il progetto Zoom, l’approvazione di alcuni nuovi centri comm erciali e dell’area Westinghouse, la richiesta a Smat degli utili derivati dall’acqua pubblica, il progetto della Città della Salute rimasto per ora identico all’originale cui lei stessa si era opposta, in duello con l’ex ministra Boschi, in diretta tv prima del voto.
Anche Appendino ha un capo di gabinetto, Paolo Giordana, che ha lavorato con altri partiti- da An al Pd – e cui si imputa troppo potere, ma le sue scelte convincono i cittadini. Sono viste come poco ideologiche e di buon senso. Mentre uscire dall’osservatorio sul Tav, in linea con le battaglie fatte finora, è una decisione più di forma che di sostanza.
Raggi non è la sola a non riuscire a competere con l’astro nascente. In fondo alla classifica, 94esimo, c’è anche il sindaco di Livorno Filippo Nogarin. Insieme a quello di Ragusa Federico Piccitto. Entrambi con molti guai interni e grane da risolvere. Mentre l’eretico Pizzarotti è terzo a fine mandato, ha quindi già dimostrato quel che poteva, anche uscendo dal Movimento.