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 2017  gennaio 15 Domenica calendario

Lo Zimbabwe e lo sciopero dei guerrieri

I Guerrieri neanche volevano andarci in Gabon. E la sera prima di partire per la Coppa d’Africa hanno disertato la cena ufficiale con il vicepresidente della Repubblica. Non uno sgarbo da poco, se i protagonisti del gran rifiuto sono i calciatori della nazionale dello Zimbabwe, Warriors di soprannome, e se lo sgarbo è stato rivolto, di fatto, anche al dittatore Robert Mugabe, 92 anni, al potere ininterrottamente dal 1980, quando divenne primo ministro. Ad agosto, dopo che i trentuno membri della squadra olimpica hanno chiuso i Giochi di Rio senza una medaglia, l’ira di Mugabe è divenuta leggendaria, insieme alla minaccia di chiedere indietro ai disonorati atleti, pena l’arresto, i soldi spesi dallo Zimbabwe per la preparazione e il viaggio a queste sciagurate Olimpiadi.
L’economia locale è in ginocchio, il paese otto anni fa è rimasto senza un soldo, nel senso letterale del termine: la valuta nazionale ha perso valore legale in conseguenza dell’inflazione stellare e il governo ha adottato unilateralmente il dollaro statunitense come moneta ufficiale. In una terra di oltre 14 milioni di abitanti, con la disoccupazione al 90% e i dipendenti pubblici, dai poliziotti ai medici, che faticano a ricevere lo stipendio, la crisi ha travolto anche il calcio: nel 2015 la Fifa ha escluso lo Zimbabwe dalle qualificazioni al mondiale di Russia per un debito di 67mila dollari mai saldato nei confronti dell’ex ct, il brasiliano Jose Claudinei Georgini. L’attuale allenatore Callisto Pasuwa, che guida anche l’U23, già due anni fa se n’era andato perché non aveva preso un quattrino. E i giocatori hanno litigato con la federazione per il premio qualificazione, conquistata dopo undici anni, e le pessime condizioni di allenamento, costringendo il governo a stanziare un fondo straordinario di un milione di dollari per salvare la missione. Oggi debuttano contro l’Algeria, nel girone peggiore possibile, che include Senegal e Tunisia. Mugabe intanto è diventato il capo di Stato più longevo al mondo e non teme di essere giudicato dai risultati sul campo. Ripete, più o meno, che può esonerarlo soltanto Dio.