Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  gennaio 13 Venerdì calendario

Clemente Mimun: «E il Tg5 inventò la tv del futuro»

Rimettiamo indietro la macchina del tempo. Esattamente a 25 anni fa. Ore 20 va in onda il primo Tg5. Direttore Enrico Mentana. «Come è andata la sigla di chiusura – ricorda Clemente Mimun – con Enrico e Lamberto Sposini ci siamo guardati in faccia dicendo: mamma mia che disastro! Perché se in una sceneggiatura ci fosse solo una possibilità di mettere insieme tutte le cose che sono la causa di un disastro, ebbene ciò è accaduto in quella mezz’ora. Dei primi sette servizi ne sarà partito uno. È sicuramente lì che Mentana ha fatto l’esame di maturità per le sue maratone». Gli ascolti invece decretarono che quel nuovo tiggì era piaciuto: 7 milioni di telespettatori e Tg1 superato. In questi 25 anni al Tg5 si sono avvicendati tre direttori, dopo Mentana nel 2004 è arrivato Carlo Rossella e dal 2007 è subentrato Mimun. 
Direttore Mimun, com’è cambiato il Tg5 di oggi rispetto a quello del 1992?
«Ha un’impronta più politica, allora si dava la precedenza alla cronaca. Ovvio che se c’è l’influenza che flagella la politica passa in secondo piano. Perché ho sempre seguito i suggerimenti di grandi giornalisti come Enzo Biagi e di un editore come Silvio Berlusconi, il quale ci ha sempre ricordato che il vero editore è la gente».
Dando però troppo spazio alla politica non si rischia di fare un doppione del Tg1?
«No. Semmai il tg più politico lo fa Mentana su La7 che ha saputo cogliere il momento giusto».
I pregi li conosciamo. Ma qual è il difetto di Mentana?
«Se proprio devo dire un difetto dico il carattere tosto. Ma chi tra i grandi non lo ha?»
E Mimun che carattere ha?
«Tosto. Perché il giornalista non è soltanto il mio lavoro ma anche il mio hobby. Perciò pretendo da chi lavora il massimo impegno. Al Tg5 il rapporto è idilliaco. Alla Rai camminavo rasente i muri. Con l’Usigrai sempre pronto a processarti e a condizionare l’azienda. Al Tg5 mi sono scazzato una sola volta con un inviato. Gli ho detto che le nostre strade si sarebbero divise per il bene di tutte e due. E l’ho accompagnato alla porta».
Qualche momento imbarazzante?
«Quando decisi di togliere la doppia conduzione e 4 ottimi colleghi rimasero fuori. Erano inferociti ma la loro carriera non ne ha risentito. Salvo Sottile (ora a Rai3), Giuseppe Brindisi (Tg4), Fabrizio Summonte (vicedirettore alle News) e Andrea Pamparana, strettissimo collaboratore del Tg5 anche da pensionato. Ho in mente di fare qualche altro giro di valzer ma non lo dirò certo prima: è l’unico rischio per finire impiccati».
Ultimamente il Tg1 delle 20 vi ha staccato negli ascolti? E anche Mentana ha dimezzato lo share rispetto all’avvio.
«Per quanto riguarda Enrico va detto che continua a fare miracoli per la rete in cui trasmette. Non ha un traino. Nelle maratone fa il 10% perché si autotraina. Per noi vale il discorso dei break pubblicitari. Quando partiamo con il tiggì siamo 6 punti in meno. Noi viviamo di pubblicità e se ce n’è tanta sono contento. Chissenefrega se perdo mezzo punto di share. L’azienda è strafelice. Siamo 300 giorni l’anno primi o secondi negli ascolti della rete ammiraglia con 14 milioni di telespettatori al giorno. Rispetto a dieci anni fa siamo la metà e produciamo di più. Al Tg1 sono più di 150 e 700 alla Tgr. Al Tg5 siamo 62 compresi i contratti di collaborazione (i giornalisti si montano pure i servizi), budget limitato, solo 4 sedi di corrispondenza e un’agenzia guidata da Andrea Pucci, che con 110 giornalisti produce di più e con maggiore qualità della Tgr».
Rispetto a Mentana, perché Mimun non va mai in video?
«Mi propongo di andarci una sola volta da qui alla fine del mio decimo anno di direzione. È giusto andarci per comunicazioni personali o per un editoriale che richiede di metterci la faccia».
Come lo immagina il Tg5 del dopo Mimun?
«Con alla guida uno tre miei vicedirettori che mi sono cresciuto in casa: Claudio Fico, Enrico Rondoni e Andrea Pucci».
Il momento più felice?
«Quando abbiamo realizzato lo speciale con Paolo Bonolis. Che spasso rivedere qui in redazione Mentana e Rossella. Risate, abbracci, sfottò. Carlo ha addirittura cantato. Va in onda sabato dopo la De Filippi. Bonolis ci ha scherzato su. Sapendo di andare dopo C’è posta per te ha cominciato la trasmissione dicendo Buona domenica».