Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  gennaio 10 Martedì calendario

Banfi dal set al supermercato. «Mi dò in pasto agli italiani»

Lo scorso 9 luglio ha festeggiato 80 anni, ma forse sarebbe meglio dire che ne ha compiuti 20 moltiplicati quattro: 20 anni per l’allenatore Oronzo Canà, 20 anni per il commissario Lo Gatto, 20 per il commissario Auricchio e 20 per nonno Libero. Ma in realtà sono decine le maschere che hanno animato l’avventurosa esistenza di Pasquale Zagaria (in arte, Lino Banfi), noto per «amare la mamma e la polizia», ma anche tante altre cose. A cominciare dalla buona cucina. A breve, infatti, sarà commercializzata una nuova linea di prodotti, «genuinamente pugliesi», con tanto di marchio «B.B.», che non sta per «Brigitte Bardot», bensì per «Bontà Banfi». Lo scorso anno a Verona, nello stand pugliese di Vinitaly, Super Lino saggiava la bontà dei vini da inserire nello speciale paniere griffato «Bontà Banfi» che entro quest’anno approderà nei supermercati. E acquistarli sarà una prova di doppia «bontà», considerato che una parte dei proventi andrà all’Unicef.
Lino, non è che con tutto questo ben di Dio rischia di perdere la linea?
«Ormai le diete mi hanno stufato».
Come le è venuta l’idea di «Bontà Banfi»?
«Gli italiani hanno memoria corta. Si sono dimenticati di grandi attori ben più importanti di me. E allora mi sono detto: per diventare immortale niente di meglio che mettere il mio faccione su un’etichetta che identifichi il meglio della tradizione enogastronomica pugliese».
Quelli di «Bontà Banfi» saranno prodotti a chilometri zero?
«Meno di zero: dalla pianta alla tavola. L’ideale per uno pigro come me. Ho preso da mio padre. Sa cosa diceva papà?».
Cosa diceva?
«Che emigrare all’estero era troppo faticoso. E così divenimmo tutti migranti di filare corto?».
Cioè?
«La famiglia si trasferì di ben 12 km, da Andria a Canosa».
Lì nacque il feeling per i cibi «indigeni»?
«Papà ci inculcò l’amore per i prodotti tipici pugliesi, con i loro sapori e odori inconfondibili».
Una filosofia che animerà anche «Bontà Banfi»? 
«Andremo subito al sodo. Senza chiacchiere inutili e tragicomiche pantomime».
A cosa si riferisce?
«Ad esempio alle sceneggiate di certi sommelier che fanno un sacco di mosse col bicchiere, poi assaggiano e dicono: Ha un buon bouquet.... Ma che chezzo significa bouquet? Mica è un mazzo di fiori... Per non parlare poi degli esteti del tappo...».
Vale a dire?
«Quelli che stappano la bottiglia, poi annusano il tappo e dicono: Sa di tappo.... E di che chezzo vuoi che sappia un tappo?».
Ma lei cosa rimpiange di più: la perdita del peso forma o quella dei capelli?«Mi sono rassegnato a entrambe le perdite. Una volta il mio amico Berlusconi mi consigliò di fare il trapianto».
E lei?
«Rinunciai. Anche perché vidi quello che era accaduto a Massimo Boldi».
E cosa era accaduto a «Cipollino»?
«Il trapianto era venuto male. O non so cosa. Certo è che sembrava avesse tutti i capelli bruciacchiati. Preferii lasciar perdere».
Berlusconi le dette consigli anche in tema di diete?
«Silvio a tavola era un furbacchione. Bluffava alla grande». 
In che senso «bluffava»?
«Si sedeva e non si faceva mettere davanti nessun piatto. Poi diceva: Oggi non mangio. Non ho fame. E noi: Ma dai Silvio, facci compagnia...».
E il Cavaliere che cosa rispondeva?
«Declinava gentilmente. Ma poi si alzava e cominciava a venire alle nostre spalle. Con la scusa di salutarci, cominciava a prendere una forchettata da un piatto e una cucchiaiata da un altro piatto. Alla fine del giro era quello che aveva mangiato più di tutti...».
Ma lei, a inizio carriera, ha un po’ sofferto la fame?
«Un po’? L’ho sofferta alla grande. Anche per questo ero magro come uno spillo. Poi, coi primi successi, arrivarono anche i primi chili...».
Il suo primo pseudonimo fu Lino Zaga.
«Frutto della doppia abbreviazione del nome (Pasqualino) e del cognome (Zagaria). Una formula che mi fu consigliata da Totò».
E come passò poi da «Zaga» a Banfi?«A quei tempi si pensava fosse di buon augurio accorciare i nomi, ma che al contrario portasse sfortuna ridurre i cognomi. Fu quindi il mio impresario a proporre Banfi».
Ma perché proprio «Banfi»?
«L’impresario in questione era anche maestro elementare. Scelse il primo nome che aveva sul registro di classe. Corrispondeva all’allunno Aureliano Banfi. E così nacque Lino Banfi».
Tra i fan la sua biografia è andata a ruba.
«Mondadori ha appena pubblicato Ho(t)tanta voglia voglia...di raccontavi la mia vita e altre stronzéte».
Che differenza c’è tra le stronzate e le stronzéte?
«Le stronzéte sono solo quelle banfiane. E non hanno mai nulla di volgare». 
E come la mettiamo coi film «sporcaccioni»?
«Sporcaccioni? Ma se le attrici erano sempre sotto la doccia a insaponarsi...».