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 2017  gennaio 10 Martedì calendario

La beffa dei vigili assunti ma «inabili» a lavorare

Paletta e certificato di inabilità. I vigili urbani di mezza Italia pare preferiscano scartabellare documenti seduti alla scrivania di un ufficio piuttosto che girare per strada. Dove magari toccherebbe loro pure dirigere il traffico o controllare la viabilità, cioè quelle operazioni che spettano propriamente alla polizia locale. E però niente: sarà il freddo o sarà l’inverno, ma il numero di quelli che fanno richiesta al proprio Comando di “servizio condizionato” è sempre più alto. 
Come a Milano, dove su 3.080 “ghisa” attualmente in attività, ben 482 circa il 15 per cento si sono dichiarati inabili. Niente pattuglia per loro, men che meno posti di blocco agli incroci cittadini o sui marciapiedi della Madonnina: quell’esercito di Otello Celletti lavora sì, ma nelle varie sedi della Municipale. E possibilmente dietro a un computer. Hanno tutti un certificato medico che consente loro di farlo, sia chiaro, eppure la loro percentuale (uno su sei solo nel capoluogo lombardo) è di quelle che insospettisce. Soprattutto i sindacati di categoria. 
«Sono anni che solleviamo il problema, ormai ha raggiunto proporzioni enormi», attacca Daniele Vincini, segretario regionale della sigla Sulpm, «in una certa misura è normale, ma il trend che sale di anno in anno no. Bisogna fare chiarezza e indire il prima possibile una riunione per capire cosa sta succedendo». Anche perché i disagi, per quelli che restano al volante, non sono pochi: tra difficoltà di turnazione e servizi di notte che stanno diventando un incubo. «Abbiamo una super abbondanza di lavoro interno e una carenza di lavoro esterno», chiosa Vincini, «non intendiamo promuovere nessuna caccia alle streghe ma se c’è qualche furbetto, e dai numeri sembrerebbe proprio di sì, è arrivato il momento di stanarlo». 
Intendiamoci: non c’è nessun inghippo, le norme prevedono la dichiarazione di inabilità e quindi il trasferimento di mansione. È il possibile abuso, semmai, che solleva qualche sopracciglio. Ma mica solo in Lombardia. A Firenze il 40% dei vigili urbani passa più ore dietro a una scrivania (e in qualche caso addirittura in settori totalmente diversi da quelli per i quali è stato assunto, come l’anagrafe o la direzione cultura) che per strada: in piazza della Signoria il braccio di ferro tra i caschetti bianchi e le istituzioni è talmente duro che, nel dicembre scorso, il sindaco Dario Nardella ha sbottato «se i vigili sono in buona salute per me possono stare in strada». Punto. O forse no. 
In principio fu Napoli, manco a dirlo. La bolla dei vigili inabili è scoppiata proprio nella città partenopea: su un corpo di circa 2mila agenti, infatti, da quelle parti il 60% non aveva mai visto un semaforo. Era il 2014, ora c’è solo da augurarsi che almeno quelli di fischietti attaccati al chiodo siano rientrati in servizio esterno. Anche perché all’attenzione di De Magistris, in quell’occasione, era stato fatto pervenire un vero e proprio dossier, nel quale erano stati denunciati casi di vigili assunti appena quattro anni prima e già “schiaffati”, si fa per dire, dietro a una scrivania. Li avevano assunti per fare i vigili, detto in altri termini, ma erano inadatti a fare i vigili. 
L’anno scorso a Bari su 550 persone soltanto 270 pattugliavano parchi e arterie stradali della Puglia: i restanti 280 (cioè più della metà) rispondevano al telefono. Stessa storia stessa tendenza alle attività da ufficio anche a Messina: nella punta nord della Sicilia sono 323 i vigili assunti, più di cento però hanno dichiarato una qualche patologia che impedisce loro di fare servizi esterni operativi. Nella piccola Viareggio, nel 2011, erano 20 su 120 quelli che la pattuglia non potevano vederla nemmeno col binocolo. Mel’ha-detto-il-medico. 
Va molto meglio, invece, a Roma, dove la percentuale dei “pizzardoni” che non lasciano mai le comodità della Centrale è la più bassa dello Stivale: il 10%, a fronte di un corpo di agenti di circa 5800 unità. «È un numero fisiologico», racconta Alessandro Marchetti del sindacato Sulpm della capitale, «che si spiega perché in città vale la regola che chi è assegnato al servizio interno non può accedere agli straordinari, e quindi a fine mese guadagna di meno». È bastato quello, intorno al Colosseo, per richiamare all’ordine anzi, al servizio i vigili da scrivania.