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 2017  gennaio 10 Martedì calendario

Test nucleari, sfide e avvertimenti. Giochi di guerra nei cieli dell’Asia

Immaginiamo due nazioni con 2 miliardi e mezzo di abitanti, un lungo confine in comune, spesso disputato, e una politica di crescita negli armamenti nucleari in espansione: la Cina e l’India. E poi un dittatore eccentrico che annuncia di poter lanciare missili nucleari dove gli pare e piace, e un presidente-eletto a capo delle più potenti forze militari del mondo che promette di abbatterli: la Corea del Nord e gli Stati Uniti. Il nuovo anno inizia tra grandi tensioni nei cieli asiatici, con test di missili con capacità nucleari fiondati tra le nuvole come avvertimenti, usati come pericolosi messaggi politici.
L’ultimo è stato spedito ieri, quando il Pakistan ha annunciato d’aver fatto partire con successo da una piattaforma sottomarina mobile il suo Babur-3, un missile Cruise con capacità nucleari e raggio d’azione di 450 chilometri «che ha credibilità come colpo di reazione». Questa terminologia è un chiaro avvertimento al vicino di casa, l’India, che a dicembre aveva spedito nei cieli l’Agni-5, un missile balistico intercontinentale con raggio d’azione di 5 mila chilometri «in grado di colpire qualsiasi zona del territorio cinese», come annunciato con orgoglio dagli indiani.
Babur, discendente di Tamerlano e possente guerriero fondatore della dinastia Mogol, che combatte Agni, dio del fuoco degli indù e invincibile guerriero. Ma al di là delle metafore belliche e religiose, nella battaglia di parole ed esperimenti missilistici tra musulmani pachistani e induisti estremisti ora al potere in India, si nasconde in realtà il braccio di ferro New Delhi-Pechino.
Dopo che la lunga piuma di fumo bianco del grande Icbm Agni-5 aveva solcato il cielo del Golfo del Bengala nel giorno di Santo Stefano, la Cina aveva subito accusato l’India: «Questo missile vìola i limiti imposti all’India dalle normative dell’Onu», aveva annunciato Pechino attraverso un editoriale sul «Global Times», tabloid del Partito comunista cinese. «New Delhi non è più soddisfatta della propria capacità nucleare e sta cercando missili balistici intercontinentali che possano colpire ovunque nel mondo, così da potersi considerare allo stesso livello dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu».

L’editoriale che spiega la posizione cinese nei confronti dell’India aggiungeva un chiarimento: «Se i Paesi occidentali accettano l’India come potenza nucleare e si dimostrano indifferenti alla gara nucleare tra India e Pakistan, la Cina non si distinguerà dagli altri aderendo rigidamente a queste regole. Ora il Pakistan deve poter avere gli stessi privilegi di sviluppo nucleare dell’India». Ed ecco spiegato il perché del test di ieri del missile sottomarino, che era stato preceduto dal Babur-2, lanciato invece a dicembre da una piattaforma terrestre.
Così la politica del «no first use» (no all’uso per primi) che è esistita tra i due Paesi più popolosi al mondo ora s’incrina. Già poche settimane fa il ministro della Difesa indiano, Manohar Parrikar, aveva dichiarato, a titolo personale, che era ora di archiviare questa vecchia idea, e che sembrava più logico mantenere una più efficace ambiguità sulla possibilità dell’utilizzo delle armi nucleari. 
E intanto, due giorni fa, la Corea del Nord ha dichiarato che può lanciare Icbm «in ogni momento e da qualsiasi postazione», accusando gli Stati Uniti di crescita eccessiva negli armamenti. La dichiarazione del ministro degli Esteri nordcoreano arriva a una settimana dall’annuncio di fine anno del leader Kim Jong Un sulla «fase finale» raggiunta nella preparazione degli Icbm «capaci di colpire il continente americano».
In tutta risposta il presidente-eletto Trump, che tra 10 giorni entrerà alla Casa Bianca per iniziare il suo mandato, ha twittato: «Non accadrà», mentre il ministro della Difesa Usa ha ammesso che il programma missilistico nordcoreano è «una minaccia seria», chiarendo però che gli Stati Uniti o i suoi alleati sono pronti ad abbattere qualsiasi missile gli venga puntato contro.