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 2017  gennaio 10 Martedì calendario

Luna, l’ultimo segreto. «Nacque dalle briciole di una giovane Terra colpita 800 volte»

ROMA C’erano non una, ma tante piccole lune attorno alla Terra. Forse era così, miliardi di anni fa. Poi si sono fuse insieme e la loro unione ha dato origine alla Luna che vediamo ora. L’oggetto più luminoso del nostro cielo, dopo il Sole, il più ammirato e studiato da millenni, rimane ancora, sotto certi aspetti, una illustre sconosciuta. Per esempio ci manca il suo certificato di nascita. Insomma, non sappiamo ancora da dove viene.
La maggioranza degli astrofisici pensa che sia nata da un gigantesco “incidente” spaziale tra la Terra e un oggetto delle dimensioni di Marte. L’ultima teoria, avanzata da un gruppo di scienziati dell’istituto israeliano Weizmann, coordinato dal professor Raluca Rufu e pubblicata dalla rivista Nature Geoscience, propone invece l’ipotesi che non uno ma molti corpi celesti di varie dimensioni abbiano colpito il nostro Pianeta quando era ancora giovane.
Gli studiosi hanno elaborato simulazioni al computer di 800 impatti con oggetti di massa pari da un centesimo a un decimo di quella della Terra. Ogni impatto avrebbe creato un disco di detriti. Nel corso di milioni di anni sarebbero “nate” così molte, forse decine di protolune. Piccoli satelliti che si sarebbero poi amalgamati fino a formare la grande, luminosa compagna che oggi rischiara il cielo notturno. Siamo agli albori del Sistema solare, a poche decine di milioni di anni dopo l’inizio della sua formazione, circa 4,5 miliardi di anni fa.
Le teorie per spiegare la presenza della Luna nel nostro cielo sono molte, susseguitesi nel corso dei decenni. Dalla “fissione”, come una partenogenesi: il distaccamento dalla Terra a causa della sua altissima velocità di rotazione. Alla “cattura” di un oggetto alieno nato in un altro angolo del Sistema solare e “agganciato” dall’azione gravitazionale terrestre. Tutti scenari la cui affidabilità è stata via via smentita. Fino a quella tutt’ora più accettata dagli scienziati, formulata per la prima volta negli anni 70 grazie anche alle missioni Apollo: “il grande impatto”. Un altro protopianeta delle dimensioni di Marte si sarebbe scontrato con la Terra producendo la nube di detriti che ha dato poi origine alla Luna. Quel “vagabondo” spaziale ha anche un nome derivato dalla mitologia greca, la titanide Theia. Ma come nelle altre teorie, anche qui i conti non tornano.
Secondo Rufu e i colleghi dell’Istituto Weizmann, l’ipotesi della grande collisione non spiega, infatti, perché la Luna e la Terra siano così simili nella loro composizione, come dimostrato anche dall’analisi delle rocce raccolte dagli astronauti. Un pianeta alieno come Theia, scontrandosi con la Terra, avrebbe dovuto dar origine a una Luna dalla composizione piuttosto diversa, un “mix” tra i due corpi celesti. «C’è poi un altro aspetto ancora più difficile da spiegare» sottolinea Giovanni Valsecchi, planetologo dell’Istituto nazionale di astrofisica. «Che fine ha fatto Theia dopo l’impatto con la Terra? Secondo le simulazioni è difficile che sia stato espulso dal Sistema solare interno. Invece nello spazio tra noi e il Sole non c’è nulla del genere».
Gli studiosi israeliani, inoltre, ritengono che la serie di impatti con oggetti minori sia statisticamente più probabile di un singolo, enorme evento, come quello di un pianeta che arriva a scontrarsi con la Terra. «Tuttavia, questa raffica di collisioni dovrebbe essere avvenuta in un tempo relativamente breve – spiega Valsecchi – perché sappiamo, dall’età dei crateri, che la Luna si è formata subito dopo la nascita della Terra. Insomma, la nuova teoria aggiunge un tassello al puzzle, ma non è detto che rappresenti la soluzione definitiva».