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 2017  gennaio 08 Domenica calendario

Mara Maionchi: «Musica, shampoo e cucina. La mia vita sempre allo sbaraglio»

«Nella vita di cose ne ho fatte tante. Ma la parrucchiera, mai», ride Mara Maionchi. In gioventù, prima di trovare il suo habitat naturale nella discografia e aver lanciato e prodotto artisti come Mango, Ferro, Tozzi, Rossi e De Crescenzo, di lavori ne ha fatti tanti e in ambiti diversi. Parrucchiera invece lo è diventata per I delitti del BarLume, la serie tratta dai romanzi di Marco Malvaldi: nel primo dei due nuovi episodi, «Aria di mare» e «La loggia del cinghiale», in onda il 9 e 16 gennaio su Sky Cinema Uno Hd, dà un importante aiuto a Filippo Timi nella soluzione di un omicidio che sta destabilizzando la piccola comunità pettegola di Pineta. «Una parrucchiera delle proprie clienti sa tutto».
Come si è trovata a fare l’attrice?
«Ho rischiato di far cadere tutti capelli a Timi lavandogli la testa per più di un’ora. Ma attrice… Sono una dilettante allo sbaraglio: eviterei con cura la definizione. Il personaggio è una signora con le mie stesse caratteristiche, che vive di chiacchiere e shampoo».
Dilettante allo sbaraglio: non è la prima volta.
«Tutta la mia vita è stata abbastanza inaspettata. Alla discografia sono arrivata rispondendo a un annuncio del Corriere della Sera: cercavano una persona per l’ufficio stampa di una piccola casa discografica, la Ariston. Di musica ne sapevo pochino, come ogni ragazza della mia età: ascoltavo la radio, Sanremo, le prime hit parade. Lo stesso è accaduto con la tv e con X-Factor: chi ci pensava? Un amico mi ha segnalata, tutto qui. Anche se un’opportunità l’avevo avuta: Arbore mi voleva come capa delle Galline Coccodé di Indietro tutta. Ma avevo già tanto lavoro e i figli piccoli».
Il suo primo artista?
«Vanoni. Per tutti la cantante della mala, l’allieva di Strehler: un po’ ci soffriva. Il modello era Mina e di lei nessun giornale voleva parlare. Per una copertina su Oggi ho assediato per giorni il direttore. Che pur di liberarsi di me, cedette: era autunno, uscì una copertina con Ornella in spiaggia a Forte dei Marmi con il figlio».
Cosa è cambiato soprattutto?
«La musica era la colonna sonora della nostra vita: aggregante, ci si riconosceva in quella che si ascoltava. Oggi la musica è un sottofondo, non ci sono particolari spinte da raccontare».
E lei?
«La vecchiaia mi ha addolcita».
Non si direbbe proprio.
«Sono sempre stata di battuta pronta. Un po’ mi spiace di avere appiccicato a Soler, così carino ma tanto smorto, il soprannome Morticia. Agnelli, detto Progressiv: è nello stato della sua musica. Su Arisa, che quest’anno ho visto un po’ in difficoltà, ho preferito soprassedere. Sono dell’idea che l’ironia viene meglio con i potenti».
Una volta c’erano i talent scout, oggi i talent.
«Sono parte di un’epoca. Grazie a loro abbiamo Marco Mengoni, Noemi, Giusy Ferreri, Emma Marrone. Oggi il vero problema è la mancanza di soldi e tempo: se non sfondi con il primo singolo dicono che sei finito. Con Gianna Nannini ho iniziato nel 1971: per lei ho rischiato di farmi licenziare. Poi, dopo due dischi flop, nel 1978 ha inciso America».
Ma i talent pigliano anche simpatici abbagli, vedi il caso Soul System.
«Capita: erano stati valutati come poco innovativi, già visti. Poi loro hanno messo la simpatia e una voglia di lavorare che ha fatto la differenza. Questo è l’altro fattore: non basta il talento, occorre perseveranza e voglia di faticare».
Arisa ha puntato su una squadra di outsider.
«Una valutazione: gli estremi potrebbero funzionare. Ma oggi è tutto un po’ flat».
È per questo che si è inventata «Extra-Factor»?
«Con Elio siamo due un po’ strani, e non vado oltre: alla ricerca di talenti fuori dagli schemi, ma che possano diventare la nuova tradizione. Un po’ come Iannacci: più fuori di lui…».
E adesso?
«Adesso Celebrity Masterchef. Ma anche qui: darmi della cuoca è eccessivo. Diciamo che, mezza toscana (da cui il gusto per le battutacce) e mezza emiliana, mi piace far da mangiare».