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 2017  gennaio 08 Domenica calendario

Le signore del 1946

Forti, determinate, attente ai temi della democrazia ma anche alla questione femminile. Il saggio di Grazia Gotti racconta con passione le ventuno presenti all’Assemblea Costituente: diverse per idee e provenienza uguali nella volontà tenace di essere libere.
Chissà se fu Angela a imporsi, o il partito a sceglierla, o le compagne a cederle il passo. Angela Guidi Cingolani fu la prima donna a prendere la parola in Parlamento. Presto sarebbero arrivate le voci di tutte le altre, di Rita e Teresa, Nilde e Laura, Bianca e Maria, Elsa e Lina, Filomena ed Elettra, Ottavia e Nadia, un coro polifonico di ventuno costituenti, diversissime per provenienza geografica e sociale, devote di Stalin e di Pio XII, fornaie e baronesse, autodidatte e laureate, giovani e meno giovani, nubili e maritate con prole, ma tutte insieme capaci di produrre un suono perfetto, armonico, la musica della sorellanza che arriva alle donne di oggi confortandole e al contempo sollecitando un sentimento infìdo come la nostalgia.
Pervaso di rimpianto è il libro che Grazia Gotti ha voluto dedicare alle protagoniste dell’Assemblea Costituente, ritratte come sideralmente lontane da larga parte delle parlamentari di oggi, almeno di quelle più in vista. Distanti perché estranee ai giochi della politica o alla burocrazia delle quote rosa, intimamente libere, sfrontate nell’opposizione al proprio partito come la comunista Teresa Noce che respinse l’articolo 7 o la “maledetta anarchica” Chicchi Mattei che si congedò da Togliatti con queste parole: «Tu fai politica perché vuoi governare la gente; io invece vorrei che la gente si governasse da sé». Ribelli e unite da una virtù cardinale dimenticata, dalla fortezza di chi è disposto a continuare la propria battaglia nelle retrovie dell’associazionismo, d’un seggio comunale, soprattutto delle aule scolastiche. E tutte sempre vigili nell’intercettare i temi delle donne, la tutela della maternità ottenuta da Noce, la tutela dei figli illegittimi inseguita da Bianca Bianchi, la tutela del corpo femminile esercitata da Lina Merlin e da Maria Maddalena Rossi, la tutela della salute dei minori per cui combatte Angiola Minella. Allora certo la questione femminile offriva continue occasioni di intervento, ma non è che oggi manchi il da fare, pure aggravato dai flussi migratori (cosa avrebbero detto le nostre madri costituenti davanti a una donna che muore dopo un aborto in un centro di accoglienza?).
Può far riflettere che la maggior parte di loro abbia lasciato la politica nazionale abbastanza presto, in qualche caso in malo modo, come Tina Merlin che si disse felice di chiudere con un Psi affollato di «fascisti rilegittimati». Ed è un’altra magnifica signora del giornalismo, Lietta Tornabuoni, a leggere quel precoce distacco come segno premonitore di un fenomeno che contagerà nei decenni l’intera società italiana, un rifiuto della politica velato di delusione di cui ora si scorgono le conseguenze.
Molti dei loro nomi sono oggi sconosciuti ai più. Grazia Gotti – fondatrice della libreria Giannino Stoppani – è riuscita nell’intento di scrollare la polvere da queste figure a noi così vicine, anche nelle fatiche quotidiane e nei dolori sentimentali. E se è vero che la loro figura integra stride con quella più furbetta di molte nostre contemporanee – nella politica nazionale e nel giornalismo, denuncia Gotti – quella loro sensibilità si continua a riflettere nei tanti volti femminili che affollano gli ospedali, i laboratori, gli uffici pubblici, la scuola, anche la politica locale. Donne che perpetuano la musica della sorellanza e in questo libro potranno rivivere l’inizio di una storia che le riguarda da vicino.