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 2017  gennaio 07 Sabato calendario

«Senza il calcio non so stare. Ma sogno un Costanzo Show». Intervista a Pierluigi Pardo

Buongiorno Pardo, auguri di buone feste.

«Sì vabbè, “a te e ai tuoi cari”. Fino all’anno prossimo basta auguri “di facciata”, abbiamo fatto indigestione». ù
A proposito di indigestione, come procede la dieta? 
«Ma quale dieta? Peso 118 chili e dopo il matrimonio diciamo che tendo pericolosamente verso l’alto...». 
Ti sei lasciato andare, un classico. 
«Beh, il pericolo ce l’ho in casa. Mia moglie ha un laboratorio di torte (www.letortedisimona.it, ndr) ed è una cuoca straordinaria. Il problema vero è che il giorno del nostro primo appuntamento è coinciso con il mio ultimo allenamento, sette anni fa: scadeva la settimana di promozione della palestra di Mediaset...». 
Non perdiamo tempo, sai il perché di questa intervista? Lo sai che sei stato il più presente a pranzi e cenoni degli italiani da Aosta a Lampedusa? 
«In che senso scusa?». 
Merito dei videogiochi. 
«Ah, ho capito. Sono il telecronista ufficiale di Fifa, se in casa c’è una consolle vi tocca sorbirvi la voce registrata del sottoscritto che commenta le partite. Qualcuno mi avrà pure maledetto...». 
Sei stato la voce ufficiale di “Pro Evolution Soccer” per tanti anni e ora di “Fifa”, il gioco più venduto in assoluto. Perché hanno scelto te e non uno dei “mostri sacri”? 
«Non saprei. Non sono mai stato una “prima voce” alla Caressa o Piccinini, non ho mai raccontato derby di Milano, finali di Champions né tantomeno Mondiali. Adesso ho il faccione riconoscibile grazie a Tiki Taka, ma 9 anni fa quando mi chiamò la Konami ero solo la terza/ quarta voce di Sky... Forse piacevo ai giapponesi...». 
Meglio fare il conduttore o il telecronista? 
«Mi gratificano entrambe le cose, ma io nasco telecronista ed è la mia priorità. La telecronaca è una passione totale, il mio primo amore fin dai tempi dell’Erasmus...». 
In che senso? Racconta... 
«Ho 20 anni, sono in Inghilterra a, diciamo, studiare, vengo a sapere che Tele+ è alla ricerca di telecronisti, allora registro il mio racconto di Inghilterra-Scozia e lo spedisco. Mi chiamano: “Ci sei piaciuto, inizi settimana prossima”. Volo a Milano, ma non avevo mai fatto una diretta in vita mia: mi danno Nottingham Forest-Chelsea di Umbro Cup. Sono emozionato, ma in un modo o nell’altro arrivo al 90’ senza combinare grossi danni». 
Qual è la tua telecronaca meglio riuscita? 
«Non so, ce ne sono un po’ alle quali sono legato, Barcellona-Chelsea 2-2 con Di Matteo che conquista la finale di Champions. Oppure Chelsea-Benfica, finale di Europa League». 
È vero che i “nuovi telecronisti” tendono a strafare? 
«Per qualcuno il telecronista ideale deve essere come l’arbitro ideale: meno si vede/sente meglio è. Per me, invece, deve prendersi dei rischi, deve dare un taglio personale, non distaccato e soprattutto deve essere capace di trasmettere emozione. Facciamo il mestiere più bello del mondo. Ci pagano per andare a vedere e raccontare le partite, cosa vuoi di più?». 
In effetti è difficile immaginarti “imbrigliato” in un canovaccio classico. A volte fai di testa tua e c’è chi si incazza... Di recente sei andato ospite da Nicola Savino a “Quelli che il calcio” e il cdr di RaiSport non l’ha presa benissimo... 
«Io sono andato da Savino e Savino è venuto da me a Tiki Taka: trovo che questo gemellaggio tra programmi che si “vogliono bene” possa essere utile, la concorrenza è sacrosanta, ma certe forme di competizione esasperata e certe polemiche proprio non le capisco. È bello contaminare, come è successo tra Rai 1 e Canale 5 in occasione del Veglione. A RaiSport tra l’altro ci sono colleghi bravissimi, qualcuno lo inviterei proprio volentieri...». 
Tu però c’hai il vizietto, sei stato pure da Floris... 
«...E lui è stato da me, più volte. Lo stimo molto, mi sono divertito e per una volta non ho parlato di calcio». 
A proposito di politica, hai condotto Maggioranza Assoluta su Italia 1, ma l’esperimento è durato poco. 
«Non andava male: 4.9% di share, oggi c’è chi fa molto peggio. In ogni caso lascio la politica a chi la segue tutti i giorni. Preferirei semmai un programma di interviste alla Fazio o alla Costanzo, sono cresciuto con il suo show». 
Per stazza saresti perfetto nel pre-serale come erede di Gerry Scotti. 
«Bisogna vedere cosa ne pensa Canale 5... Certamente se in un programma c’è una componente di gioco e interazione col pubblico, credo possa essere nelle mie corde». 
Di sicuro non hai paura di cambiare: hai iniziato alla Procter& Gamble come esperto di marketing... 
«Mi sono laureato in economia, tra colloqui e test entrare in Procter è stato un po’ come vincere la Champions. Quello però era il mio piano B se non fossi diventato giornalista». 
Hai fatto anche il “salto della quaglia mediatico”: da Sky a Mediaset. 
«Se è per questo un anno e mezzo fa mi sono anche licenziato da Mediaset: ora collaboro. Lo so, sono un incosciente». 
“Corteggiatori” ne hai? 
«Quelli grazie a Dio ci sono sempre. Tutta gente perbene e di cultura come direbbe Venditti. In realtà sto benissimo qui, poi nella vita non si sa mai. (Oddio, ho risposto come certi miei amici calciatori...)». 
Differenze tra Sky e Mediaset? 
«Due grandi realtà, bellissime. La differenza vera la fa la tv generalista. 
A Mediaset il direttore Brachino mi insegna quotidianamente le regole della tv commerciale. Oltre alla “confezione” contano soprattutto gli ascolti per cui c’è bisogno di un approccio “divisivo” e capace di includere un pubblico più vasto. A volte devo un po’ forzare la mia indole. Andavo pazzo per un programma di nicchia e grande qualità come Lo Sciagurato Egidio e passerei la vita a fare documentari sul Grande Torino o sul calcio inglese con colonna sonora dei “Cani”, gruppo indie pazzesco». 
Adesso non dirmi che ti intendi pure di musica. «Non proprio, ma ai tempi dell’Erasmus ascoltavo il britpop e tifavo gli Oasis nella guerra contro i Blur. Oggi mi piace tutta la scena indie romana: I Cani, Calcutta, i Thegiornalisti. E poi Springsteen, Cure, Placebo. Per non parlare di De Gregori: di recente sono stato a cena con lui, grande appassionato del calcio e della Roma. Spero di riuscire a portarlo a Tiki Taka...». 
Lunedì ricominci. Ne sono passati di ospiti in quello studio…
«Oltre 200 in questi tre anni e mezzo, e non solo calciatori: da Renzi a Bonolis, da Cacciari a Vespa, da Mentana a Bocelli. E poi attori, cantanti, intellettuali. È bello perché tutti amano parlare di calcio, una sorta di bar, ma nel senso più alto del termine». 
Il pubblico che dice? 
«Ci premia: siamo al quarto anno, facciamo il 7% di share e la gente ci accompagna fino alle 2 del mattino. Ora tra l’altro è pieno di aziende interessate allo sfruttamento del marchio...». 
Il momento più difficile? 
«L’ultima puntata del 2016 è stata complessa. Andavamo in onda poche ore dopo gli attentati di Istanbul e Berlino. Bruno Vespa che doveva essere ospite era stato richiamato per condurre su Rai 1. In quei momenti il calcio passa in secondo piano, ma è giusto fare con serietà e rispetto il proprio lavoro, regalando un momento di svago a chi ne ha voglia. In generale non amo le puntate troppo polemiche, ma alla fine a Tiki Taka ce la caviamo sempre con l’arma più preziosa, l’ironia». 
C’è abbondanza di... quote rosa. 
«Da Melissa Satta a Francesca Brienza fino ad Anna Trieste, sono espressione delle tante ragazze che seguono il calcio, appassionate e competenti. E comunque non facciamo gli ipocriti: la componente estetica c’è in tutti i programmi, vale anche per i conduttori e le conduttrici dei telegiornali...». 
Cassano è un altro tuo “fedelissimo”... 
«Un giorno sono all’aeroporto di Roma e sento urlare “Guagliò, tu sei un grande telecronista!”. Diventiamo amici anche grazie a una “sintonia comica” che ci unisce. Il patto è che in più di dieci anni io non ho mai chiesto notizie a lui e lui non ha mai chiesto favori a me». 
Insieme tra l’altro avete scritto un libro da 100mila copie, “Dico tutto”. Si rimette a giocare o ha smesso definitivamente? 
«Io gli consiglio di andare avanti. Alcuni esagerano con il voler continuare ma lui no: non è ancora arrivato il suo tempo». 
Anche con Eto’o hai scritto un libro. 
«Interessante. È incredibile la distanza gigantesca che c’è tra le sue origini povere e difficili e la vita che si è potuto permettere». 
Cosa pensi dell’invasione cinese nel calcio? 
«Non è drammatica come pensa qualcuno, ma oltre ai soldi serve il know-how. Prendiamo il Milan: io uno come Galliani ci penserei 1000 volte prima di mandarlo via». 
A proposito di acquisti e cessioni: come finirà la vicenda Vivendi? 
«È troppo complicata, non ho la palla di vetro. So solo che la famiglia Berlusconi deve essere orgogliosa di ciò che è riuscita a creare in questi anni: un gruppo nato grazie all’idea di un solo uomo capace di attirare gli appetiti di un colosso come quello francese, chapeau». 
Non ti ho chiesto delle imitazioni! Sei un grande imitatore! Chi ti viene meglio? 
«Il mio amico Nosotti di Sky: “Le faaasce laterali, l’albero di Natale... E ovviamente amiiici, cari auguuuuri a voi e ai vostri caaari”. Straordinario».