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 2017  gennaio 07 Sabato calendario

La lezione di Emma

ROMA EMMA DANTE è un’artista per tutte le stagioni. Il suo fenomeno scoppia nel 2001 con la fisica rappresentazione di mPalermu, cui segue una teoria di spettacoli sui corpi della famiglia e della società. È anche creatrice di favole teatrali. Dal 2009 è regista d’opera per la Carmen al Teatro alla Scala, cui seguono altre regolari messinscene liriche. Nel 2008 esce il suo romanzo via Castellana Bandiera, cui segue un suo film tratto dal libro. È stata direttrice degli spettacoli classici dell’Olimpico di Vicenza. Dirige una Scuola al Biondo Stabile di Palermo. Ora ha fatto suo un pensiero del mago Cotrone in I giganti della montagna di Pirandello: “Nessuno di noi è nel corpo che l’altro ci vede”, e se n’è ispirata, ci dice, in tre favole sceniche. «La favola dei due matti del melodramma verdiano Macbeth con aggiunta di incantesimi non previsti», opera lirica con sua regia al Massimo di Palermo dal 21 gennaio. «La favola di un viaggio di esseri umani in Bestie di scena, uno spettacolo allo stato brado», lavoro scritto e diretto da lei, prodotto dal Piccolo Teatro, dal Festival di Avignone, dal Biondo di Palermo e dalla sua compagnia, dal 28 febbraio allo Strehler di Milano. «E una favola da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile riscritta da me, La scortecata», un’impresa per tre personaggi commissionata dal Festival di Spoleto. «In Bestie di scena faccio i conti con le mie battaglie per un teatro basato su respiri di attori e verità di immagini. Escobar, al Piccolo, mi ha dato carta bianca, e l’avventura è forte, direi estrema. A me e ai miei quattordici attori (più due dietro le quinte), è stata data la possibilità di provare per due mesi e mezzo». La storia di fondo? «Non c’è trama, non ci sono battute, non ci sono ruoli, non ci sono abiti da indossare, non c’è scenografia, e non c’è musica salvo Only You dei Platters. Il dato di fondo è una nudità integrale, col cast che vive una sua Genesi spoglia davanti al pubblico. I corpi sono catapultati sulla scena come tanti Adamo ed Eva profughi dal Paradiso, precipitati in un mondo pieno di insidie e tentazioni. Una comunità di spaesati, non solo teatranti. Devono suscitare pena. Sulle prime si coprono occhi, seni e genitali. Poi dovranno fissare gli spettatori, e gli sguardi saranno importanti». Cosa avverrà, se non c’è una storia? «Verranno introdotti giochi, oggetti, una bambola meccanica, dell’acqua, e tutto spingerà a una demenza o a un infantilismo, con fenomeni di solidarietà ma anche di rabbia. Sono rappresentate più età, più taglie fisiche, più bellezze e bruttezze. Alla fine scomparirà la vergogna. Punto sulle specialità degli attori, e il viaggio tende a una ricerca che può ferire, col rifiuto di indossare gli abiti gettati ai loro piedi. Alcune sequenze possono suggerire letture di terremoti, attentati, orrori odierni. Ma io ci sento pure uno stato di grazia».
Il primo impegno è per l’opera
Macbeth che apre la stagione del Massimo di Palermo, direttore Gabriele Ferro. Suo sesto appuntamento con la lirica. «In questo melodramma sono intervenuta nella dimensione delle streghe, cui ho attribuito un fardello di satiri provvisti di lunghi falli che le ingravidano, uomini-oggetto che perpetuano la specie stregonesca. Non siamo in Scozia. La foresta di Birnam è una piantagione di fichi d’India. Ci lavorano allievi della mia scuola di Palermo e sette attori». Repliche al Teatro Regio di Torino, coproduttore, e tournée al Festival di Edimburgo. La vocazione all’ammaestramento la rende felice di portare all’Argentina di Roma Odissea a/ r con le nuove leve della sua scuola palermitana, e ha accettato un laboratorio sulle Baccanti all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica.
Solo sei repliche a Spoleto, per La scortecata. «Una favola che ho rivisto con una lingua partenopea del ‘600 reinventata, un testo parlatissimo (di cui si sono già occupati Roberto De Simone e Matteo Garrone), un testo nero con una vecchierella concupita al buio da un re che, accortosi della vera anagrafe, se ne disfa, ridesiderandola quando diverrà giovane, mentre la sorella di lei si farà scorticare. Protagonisti tre miei attori di Napoli, Carmine Maringola, Salvatore D’Onofrio e Stefano Miglio». Emma Dante ama molto la condivisione dei progetti, e riflette. «Il Piccolo, Spoleto, il Biondo e il Massimo di Palermo, e Avignone, investono su di noi, con mia soddisfazione. Per i patti con Romaeuropa, terrò fermo Bestie di scena oltre sette mesi, ma ora sono venute meno sia la coproduzione sia l’ospitalità romana a ottobre 2017 nel festival, per incompatibilità con la mia presenza a Spoleto (con altra cosa): ma la mia compagine deve lavorare... Sono dispiaciuta». Tra vita privata e artistica, Emma Dante conosce comunque una piena armonia, oggi. «Col passare degli anni s’è creato un più stretto rapporto tra teatro e quotidianità. La scena mi ha dato l’immaginario con cui supero ogni ostacolo».