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 2017  gennaio 07 Sabato calendario

Alessandro Gassman: «Una vita da introverso»

ALESSANDRO GASSMANN, l’introverso inaspettato. «Da attore ti propongono cose vicine alla tua fisicità, non alla tua persona. Ti adatti, ti diverti, diventi anche bravo a incarnare tipi superficiali, egocentrici... mi si passi il termine, un po’ “cazzoni”. Ma poi ti abitui, e dopo un po’ ti dimentichi che tu sei un’altra cosa. Ritrovi il vero te stesso solo quando sei con tua moglie, tuo figlio, e i tuoi amici cari. Ti ricordi che la vita è più importante del lavoro». Gassmann è l’artista dai mille impegni, professionali e umanitari, di attore e regista, al cinema e in tv. Una macchina in sosta solo durante le feste. Il buen retiro è l’Austria, «paese che conosco bene, mia moglie è in parte austriaca. Passo qui i miei giorni liberi. Le feste mi mettono ansia, il meglio del Natale, per me, è nel poter mangiare il pandoro. Non ho la fortuna di essere credente. Le feste, però, sono l’occasione di lasciare l’Italia, dove sono famoso. E quindi poter osservare indisturbato gli estranei cercando di indovinare le loro vite». A questo punto della carriera è arrivato l’incontro con il personaggio che più gli somiglia: l’ispettore Lojacono della serie I bastardi di Pizzofalcone (da lunedì su Raiuno), tratta dal romanzo omonimo di Maurizio de Giovanni. «Siamo simili, fisicamente, anche negli occhi tirati, quasi orientali. Ma soprattutto, la nostra è una affinità interiore. Entrambi parliamo poco, ascoltiamo gli altri, osserviamo molto. Sono un introverso naturale, lo sono sempre stato, anche se poi il mestiere mi ha portato da un’altra parte».
Il figlio d’arte sarebbe potuto diventare un poliziotto, medico, pompiere, «mi piacciono i mestieri che hanno a che fare con l’aiuto concreto alle persone. I poliziotti rischiano molto, guadagnano poco e non sono abbastanza rispettati per questo. A Napoli, nei sei mesi di set, siamo stati affiancati da agenti che ci hanno aiutato a diventare credibili, anche se la serie più che sull’azione punta sul meccanismo giallo e su una costruzione dei personaggi – siano carnefici o vittime – personale, profonda e mai ridondante». Con lo scrittore, Maurizio de Giovanni, c’è un rapporto speciale: «Ho avuto la fortuna di frequentare Pino Daniele, negli ultimi anni della sua vita. Facevamo le vacanze insieme, parlavamo di tutto. Maurizio ha la stessa voce di Pino, la sua fisicità. Siamo entrati in sintonia fin dal primo incontro e ha adattato per me Qualcuno volò sul nido del cuculo, in scena al Quirino tra pochi giorni».
La regia ormai per Gassmann conta più della recitazione «forse perché tendono a offrirmi gli stessi ruoli e ormai la mia macchina attoriale l’ho capita...». Soddisfazioni e premi non sono mancati, pero. Specie con Caos Calmo, in cui era fratello più giovane del suo mito Nanni Moretti: «Non ho recitato meglio di altre volte, ma ero perfetto per il ruolo e c’era una bella squadra». Qui scattano il sorriso e l’aneddoto: «Ricordo il primo giorno di riprese, pigiati in macchina a Roma, davanti alla Bocca della Verità. Nanni era raffreddato e noi con i finestrini chiusi, malgrado l’afa. All’ennesimo lamento della ragazzina che interpretava sua figlia Nanni si trasforma in un suo coetaeo e inizia un battibecco buffo in cui cercavo di far da paciere». Anche da regista Gassmann cerca il cambiamento. Dopo il drammatico Razzabastarda, il suo secondo film sarà una commedia cinica, Il premio: «Racconto di un signore che vince il Nobel e obbliga i parenti ad accompagnarlo nel viaggio in macchina verso Stoccolma. Un road movie spero divertente e scorretto. Poco italiano, nel senso di costruito più sulla comicità della situazione che sulla battuta». Poi un un secondo documentario, dopo quello sugli artisti siriani, legato all’impegno di ambasciatore dell’Unhcr (l’Alto commissariato per le Nazioni Unite per i Rifugiati): «Andrò a cercare quegli atleti che, sfuggiti a guerre e carestie, hanno partecipato all’ultime Olimpiadi. Spenti i riflettori, seguirò le vite di questi atleti senza patria che non abbandonano la propria passione. Voglio raccontare, senza patetismo, chi nel dramma trova la forza di reagire».