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 2017  gennaio 06 Venerdì calendario

E 38 Province tornano a votare. Ma non dovevano scomparire?

ROMA Le vecchie «care» Province di una volta – quelle di «impianto napoleonico» che hanno rappresentato per un secolo e mezzo l’anello di congiunzione funzionale tra Stato e territorio – sono morte due anni fa con la legge Delrio. E con la prospettiva di un’affermazione del Sì al referendum costituzionale del 4 dicembre, avrebbero anche dovuto perdere l’identità costituzionale («La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni») che, invece, con la vittoria del No, continua ad essere scolpita nell’articolo 114 della Carta.
Il «secondo grado»
Ora, a prescindere dal risultato referendario, la Repubblica continua ad essere articolata in enti intermedi territoriali. L’unica differenza innescata dalla vittoria del No riguarda il nome: a pieno titolo, infatti, si può ancora parlare di Province, le cui assemblee rappresentative, però, sono elette con un meccanismo di secondo grado dai sindaci e dai consiglieri comunali del territorio e non più dai cittadini. La nuova architettura provinciale era già stata disegnata dalla legge Delrio del 2014 e pochi si ricordano che siamo già arrivati al secondo rinnovo dei consigli provinciali (14 sono delle città metropolitane).
Il rinnovo dei consigli
Così, domenica 8 gennaio, ben 38 Province andranno al voto per rinnovare i rispettivi consigli provinciali e in 16 casi si tratterà anche di eleggere i presidenti (che durano in carica 4 anni mentre per i consiglieri è previsto un mandato di due anni). Altri sei consigli provinciali verranno eletti tra il 9 e il 29 gennaio mentre in altre 27 Province si è votato già tra settembre e dicembre.
Le «nuove» Province non rappresentano più direttamente la volontà dei cittadini/elettori ma si pongono a metà strada per mediare tra la volontà dei consiglieri-sindaci/grandi elettori e le Regioni. Detto questo, nel sistema delle Province i tagli sono stati draconiani (circa due miliardi in due anni), con 20 mila dipendenti in meno su 48 mila totali, ma le competenze rimangono sempre le stesse: la manutenzione di 135 mila chilometri di strade (la «nervatura carrozzabile» del Paese) e la gestione di 6 mila scuole.
La crisi di governo
Nell’ultima legge di Stabilità è stato evitato in extremis un ulteriore taglio previsto nel 2014 (un miliardo che avrebbe mandato definitivamente a gambe all’aria i bilanci) ma poi il passaggio frettoloso della legge al Senato e la crisi di governo hanno stoppato l’iniezione di risorse fresche (500 milioni) senza le quali non si mettono toppe sull’asfalto e sui tetti delle scuole.
I finanziamenti
Per il governo guidato da Paolo Gentiloni – che ha confermato il «dossier Province» nelle mani esperte del sottosegretario Gianclaudio Bressa – si tratta ora di tirare fuori il portafogli, anche con una certa urgenza: «I sindaci e i consiglieri hanno fiducia in questa nuove Province tanto che si mettono al servizio gratuitamente per amministrare al meglio i territori», osserva il presidente dell’Unione province italiane Achille Variati che è anche sindaco di Vicenza. Però, Vairati aggiunge anche altro: «Eppure rischiano di arrivare al paradosso di enti saldi dal punto di vista della governance istituzionale ma in default finanziario a causa di tagli insostenibili delle manovre economiche. Allo stato nessuna Provincia è infatti in grado di approvare i bilanci. Per questo serve subito un decreto legge... che li metta in sicurezza e consenta alle Province di continuare ad erogare quei servizi essenziali, a partire dalla gestione alla messa in sicurezza di strade, scuole secondarie e ambiente». E tra i servizi a rischio c’è anche il trasporto casa-scuola degli studenti portatori di handicap per il quale c’è solo un primo stanziamento di 170 mila euro nella Stabilità.
Se il governo durerà ancora qualche mese, dunque, ci potrebbe essere il tempo necessario per varare un provvedimento per stanziare i 500 milioni capaci di tamponare l’emergenza finanziaria delle Province. Tuttavia, osserva, il sottosegretario Bressa, la «vera sfida del 2017 è quella di mettere fine alla transizione delle Province che hanno subito tagli da record, circa il 40% del budget iniziale, davvero senza precedenti in Italia».
Agenzie per l’Impiego
Un’altra tegola che sta per arrivare nella gestione del 2017 delle Province riguarda le Agenzie per l’Impiego che avrebbero dovuto sparire prima dell’ultima proroga di un anno: il governo ne ha impedito la chiusura ma non si capisce se l’operazione potrà essere ripetuta anche quest’anno.