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 2017  gennaio 06 Venerdì calendario

Fondi e polizze: dove mettono i soldi gli italiani

I risparmi sono una cosa molto buona, soprattutto se i tuoi genitori ne hanno fatti per te. In questa frase di Winston Churchill ci sono il presente, il passato e il futuro delle ricchezze Made in Italy. Un Paese, il nostro, che per anni ha guidato le classifiche di propensione al risparmio e che oggi non molla la presa, nonostante la crisi abbia mandato a gambe all’aria certezze consolidate che – questo invece è abbastanza sicuro – non verranno sostituite.
La rivoluzione
Che cosa c’è oggi nel portafoglio delle famiglie tricolori? Secondo le stime di Prometeia a fine 2016 le ricchezze finanziarie (escludendo quindi le case) ammontavano a 4.051 miliardi. Sbirciando nel «borsellino» nazionale troviamo più polizze e fondi, sempre meno Btp e obbligazioni bancarie. Un cambiamento grande, spinto dalla «sparizione» progressiva dei rendimenti e, per quanto riguarda i bond degli istituti di credito, anche dalle drammatiche vicende (non ancora concluse) che hanno coinvolto i piccoli obbligazionisti degli istituti in crisi.
«Tra la fine del 2012 e il giugno 2016 – spiega Lea Zicchino, partner di Prometeia – le obbligazioni bancarie in mano alle famiglie italiane si sono ridotte di 212 miliardi». I Btp posseduti direttamente rappresentano invece solo il 3% di quei 4 mila miliardi, mentre più in generale le obbligazioni nei depositi titoli dei privati ammontano a poco più del 9%.
Anche il conto corrente e i conti di deposito, grandi protagonisti quando non si vuole o non si può scegliere di investire, negli ultimi tempi hanno dovuto cedere qualche posizione. Per loro, come per i Bot, l’anemia dei rendimenti è stata causa di raffreddamento passionale. E così oggi, sommando i prodotti assicurativi e e i fondi comuni, cioè il variegatissimo mondo dei prodotti a gestione professionale, si arriva al 34,5% del totale, mentre le attività liquide si fermano al 32,3%.
Non una disfatta, insomma, ma un testa a testa. Il significato di questi dati, che possono sembrare soltanto numeri anche un po’ noiosi, è un cambiamento di prospettiva e di costume finanziari.
L’addio ai Bot
Chi ha un po’ di anni sulle spalle ricorda il tempo in cui bastavano i titoli di Stato per fare quasi tutto. Oggi, anche se i Btp sono tra le emissioni pubbliche europee con i rendimenti più elevati, è impossibile chiedere ai vecchi, cari titoli del Tesoro di tenere al caldo il futuro dei risparmi di famiglia. Per avere più dell’1% bisogna investire in quelli con più di dieci anni di vita.
La prima grande marcia dei fondi comuni nei portafogli italiani è datata anni Novanta. Quella che silenziosamente avanza adesso è l’ondata numero due. «Non proseguirà con i ritmi visti finora – spiega Zicchino – ma l’incertezza, tornata in scena nella seconda parte del 2016, ne ha solo rallentato il passo. Senza interrompere il fenomeno».
Oggi, come accadde venti anni fa, le banche e gli intermediari finanziari hanno proposto ai privati di convertire in risparmio gestito i titoli dei depositi amministrati. Perché dal punto di vista del sistema le commissioni di fondi & c. sono una fonte di reddito interessante, mentre fare raccolta diretta con le obbligazioni – cadute in disgrazia – non è poi così vitale. Almeno fino a quando la Bce fornisce la liquidità necessaria nell’ambito del complesso programma di stimolo per l’economia malata dell’Europa.
Dal punto di vista dei risparmiatori, invece, la ricerca di un rendimento superiore al punto percentuale è diventata un rebus difficile da risolvere senza i fondi. Ovvero senza portafogli «comuni» composti da centinaia di titoli che consentono anche a chi ha risorse limitate di investire in azioni o su mercati lontani. Una sorta di viaggio organizzato per i soldi di famiglia dove si corrono dei rischi e si pagano commissioni. Che il tutto risulti adeguato dipende dalla consapevolezza di chi investe e dalle capacità professionali dell’industria che colloca.
Il passato «semplice» dei Btp è definitivamente archiviato. Il presente dei rendimenti zero e dei fondi sta scorrendo e presto si trasformerà in qualche altra cosa. Tra non molto, per esempio, chi investe dovrà ri-imparare a fare i conti con l’inflazione, il costo della vita che – quando cresce a tassi normali – erode il valore degli investimenti.
Le prospettive
Come sarà il portafoglio delle famiglie italiane nel futuro? Nel 2017 arrivano i piani di risparmio individuali, fondi che investono in azioni ed obbligazioni di aziende italiane in cambio, a certe condizioni, di un totale azzeramento delle tasse sui guadagni. Da molto tempo mercato e regole non offrivano strumenti nuovi, che, nel caso dei Pir, hanno avuto un discreto successo in altri Paesi.
Più in generale nei prossimi decenni è facile prevedere che diventeranno sempre più importanti le valenze pratiche del risparmio. Con pensioni pubbliche magre e un mondo del lavoro che spesso non offre quei percorsi lineari decisivi per costruirsi una buona previdenza, il risparmio sarà sempre più una cosa buona da fare per noi e per chi viene dopo di noi.